
§ Focus musicale | Le Variazioni Goldberg secondo Rosalyn Tureck
In questo approfondimento musicale scritto nel 1985 e pubblicato nel programma di sala del concerto del 20 febbraio 1999, Rosalyn Tureck illustra in modo esteso le Variazioni Goldberg di Bach, capolavoro per tastiera le cui interpretazioni della pianista americana sono ancora oggi un importantissimo modello di riferimento.
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Aria mit verschiedenen Veränderungen (“Variazioni-Goldberg”), BWV 988
L’Aria con trenta variazioni, BWV 988 (pubblicata la prima volta da Balthasar Schmidt a Norimberga) è un’opera della maturità di Bach, composta intorno ai suoi 55 anni di età. La composizione costituisce da sola il Libro IV del grande Clavierübung. L’unica altra raccolta di variazioni scritta da Bach per strumento a tastiera senza pedaliera è l’Aria con dieci variazioni nello stile italiano, BWV 989, un lavoro di delicata ingegnosità scritto negli anni giovanili. Queste due raccolte abbracciano virtualmente tutta l’evoluzione musicale del tempo nel quale l’autore visse; il genio del giovane musicista è evidente nella prima bella raccolta di variazioni, mentre l’altissimo punto di arrivo della sua opera è rappresentato nella sintesi spirituale e nel risultato strutturale dell’Aria con trenta variazioni.
La forma delle variazioni era comune nel XVII e XVIII secolo. Una ricca raccolta attribuita a Dietrich Buxtehude non era, presumibilmente, nota a Bach: intitolata la Capriciosa, questa raccolta conteneva 32 variazioni. Inoltre, essa è in sol maggiore e l’Aria è costituita dal canto popolare Kraut und Rüben haben mich vertrieben, che Bach utilizzò nelle sue Trenta variazioni; che siano o meno casuali, queste analogie sono comunque interessanti.
Johann Nikolaus Forkel, il «padre» della musicologia, è il responsabile delle leggendarie circostanze d’origine che mettono in relazione il clavicembalista Johann Gottlieb (Teophilus) Goldberg con l’Aria con trenta variazioni. Autore della prima biografia completa di Johann Sebastian Bach, pubblicata nel 1802, Forkel è diventato una fonte di primaria importanza per i musicisti di molte generazioni successive. È ben noto quanto egli riferisce: «Il conte (Kayserling) disse una volta a Bach che avrebbe desiderato avere dei pezzi per strumento a tastiera per il suo Goldberg, i quali avrebbero dovuto avere un carattere al tempo stesso delicato e vivace per poter rallegrare le sue notti insonni». Forkel aggiunge che Bach ricevette una coppa d’oro contenente cento luigi d’oro come segno della soddisfazione del conte. Vi è dunque l’ipotesi di un lavoro eseguito su commissione, tuttavia nessun altro elemento sta a confermare che questa composizione sia stata effettivamente commissionata dal conte Kayserling. Il conte fu a Lipsia nel periodo in cui Bach era attivo alla Thomaskirche, e Goldberg, clavicembalista al servizio del conte, fu allievo di Bach. Dunque, evidenti legami sussistono realmente e Goldberg può certamente aver eseguito spesso il lavoro per il suo nobile padrone.
Con l’aumentare della notorietà di quest’opera presso il grande pubblico, a partire dalla metà del ventesimo secolo, il titolo Variazioni Goldberg, senza virgolette o carattere corsivo, è usato ovunque sempre più frequentemente. Questo titolo è un’invenzione moderna, una popolarizzazione di fresco conio che non ha riscontro nel titolo originale dell’autore. La storia «Goldberg», tante volte e da tanto tempo ricordata, è in realtà priva di importanza se messa a confronto con il processo creativo e intellettuale che si riflette e prende avvio nell’Aria con trenta variazioni, dove il modo di pensiero è espresso attraverso la ricerca di potenzialità virtualmente infinite di materiali di base – in questo caso essenzialmente il basso fondamentale.
Forma
L’Aria figura nel Quaderno di Anna Magdalena del 1725 ed è intitolata «Sarabanda». Bach riutilizzava regolarmente la sua musica per nuovi lavori e la adattava ad altri strumenti o ad altre combinazioni esecutive. Questo movimento, invece, fu modificato soltanto nel titolo, «Aria». Esso è straordinario per il fatto che contiene l’intero nucleo dal quale deriva la grande evoluzione strutturale delle successive trenta variazioni. Queste si sviluppano principalmente dal basso fondamentale e dalla base armonica dell’Aria. Questo modo di procedere assicura un solido e chiaro fondamento armonico capace di una serie praticamente infinita di possibilità, capace quindi di liberare l’immaginazione creativa di Bach fino all’estremo limite.
Fra le Variazioni di Bach sono compresi il canone, la fughetta, l’imitazione libera, la forma di danza e lo stile ornamentale e figurativo. L’ordine e lo schema delle variazioni sono costruiti intorno ad una serie di nove canoni. Ciascun canone è accompagnato da due variazioni libere le quali sono ugualmente animate da un interesse contrappuntistico. Le variazioni libere formano quel che sarebbe la carne e il sangue rispetto allo scheletro rappresentato dai canoni, il primo dei quali appare come Variazione III e l’ultimo come Variazione XXVII. Il primo canone è scritto all’unisono e i successivi ad un intervallo progressivamente più ampio, fino all’ultimo che è alla nona. Sono costruiti a due voci, su di una linea del basso che forma una terza voce libera, la quale si adatta, con una certa libertà, all’andamento armonico dell’Aria. Il canone alla nona è l’unica eccezione a questa scrittura a tre parti. Esso è a due sole parti, in stretta condotta canonica nonostante l’apparente semplicità, presentandosi dopo quella straordinaria complessità di struttura, profondità e intensità di emozione che le precedenti ventisei variazioni hanno saputo creare.
La Variazione I richiama la visione di un grande arco, e introduce all’esperienza che ci attende con la Variazione II, un delicato movimento in imitazione piena di tutte le risorse tecniche possibili e immaginabili, la quale porta a sua volta con delicatezza al sorprendente canone all’unisono della Variazione III. Lo scenario è dunque già predisposto per la varietà di atmosfera, di figurazione e di struttura. Da questo momento in poi quasi ogni aspetto dell’arte di Bach, con l’eccezione delle grandi fughe, è qui rappresentato. Le variazioni sono accostate l’una all’altra secondo un’idea di contrasto, spesso in stile di danza e di toccata. Un più sottile e troppo raramente sottolineato aspetto delle variazioni, compresi i canoni, consiste nelle relazioni dei successivi accostamenti, non solo sul piano del carattere ma anche di densità di struttura. La Variazione XV è un esempio solitario di scrittura cromatica che combina insieme ampiezza e profondità di sensibilità con la disciplina di un canone alla quinta. La sua nota finale non è come di regola la tonica ma la quinta, spengendosi con una configurazione ascendente che si perde nel silenzio. Anche la Variazione XXV è cromatica ma può solo a malapena essere datata sul suo aspetto linguistico. Le Variazioni XV e XXV sono pagine la cui intensità di espressione emozionale e la cui straordinaria qualità di struttura cromatica Bach ha talvolta eguagliato ma mai superato, come nella Fuga in si minore dal Primo Libro del Clavicembalo ben temperato. La Variazione XXX sta al di fuori del progetto formale delle Variazioni da I a XXIX. Essa è un brano scherzoso, scritto nella forma di un quodlibet, sorta di burla corale che la famiglia Bach insieme ad amici era solita fare in particolari occasioni di vita sociale. I motivetti presentati nel quodlibet sono canzoni popolari tedesche: Ich bin so lange nicht bei dir gewest («Da tanto tempo non sto con te») e Kraut und Rüben haben mich vertrieben («Cavoli e rape mi hanno fatto fuggir via»).
Lo stile umoristico e gioviale dell’ultima variazione di questo colossale lavoro richiama quello dell’umorismo dell’ultima fuga in si minore del Secondo Libero del Clavicembalo ben temperato, che conclude in questo modo una grande e varia raccolta di composizioni di alto impegno concettuale. Questo parallelo getta luce su una interessante sfaccettatura della personalità di Bach: il fatto che, consciamente o inconsciamente, genialità e buon umore sono l’ultima idea nel rivelarsi della forma fino ad allora elaborata e sviscerata in modi virtualmente illimitati. Ma, simbolicamente, l’ultima variazione in questo caso non è la fine dell’opera. La vera fine delle Variazioni è data dal ripresentarsi dell’Aria. Questo ritorno all’inizio, a completamento del ciclo vitale, è un ritorno all’origine. Proprio il ritorno in sé, tuttavia, implica l’idea fondamentale di rinnovamento e rivela in realtà un nuovo significato dopo aver esaurito tutte le possibilità dell’Aria. La forma non è circolare, tuttavia, ma ciclica, muove cioè verso un nuovo piano di visione. Questo ritorno all’inizio è uno dei momenti più sublimi di tutta la musica.
Ritornelli
Fin dal 1955, quando eseguii le Variazioni «Goldberg» al Festival di Edimburgo, ho sempre presentato l’opera con tutti i ritornelli e senza intervallo. Pare che sia stata quella la prima esecuzione in cui né abbreviazioni (attraverso l’eliminazione dei ritornelli) né tentativi di allentare le inesorabili relazioni di architettura, struttura e mistica numerica (attraverso l’introduzione di un intervallo per il caffè) siano stati imposti alla musica per far riposare il pubblico. Fu così contraddetta e infranta l’idea universalmente data per buona che il pubblico fosse incapace di sostenere una tale concentrazione intellettuale e spirituale.
Per un buon numero di anni ogni agenzia di concerti si sgomentava in anticipo alla prospettiva di circa un’ora e venti minuti di un’esperienza musicale del più alto livello senza un’interruzione per una sigaretta o per bere qualcosa. Ma ovunque, senza eccezioni, la profondità della risposta è stata immediata e spontanea.
L’infinita bellezza e ricchezza di quest’opera può essere percepita e verificata con maggior pienezza attraverso l’unificazione di differenti idee. Tale processo di unificazione può essere ottenuto solo attraverso la percezione artistica e la realizzazione, opportuna dal punto di vista strutturale e stilistico, dei ritornelli in tutte le variazioni così come sono indicati nel testo. La forma dell’opera nella sua interezza è costituita dall’infinita sottigliezza di relazioni che legano un movimento all’altro e quindi può essere compresa più pienamente nella sua totalità e nel suo svolgersi senza interruzioni dall’Aria fino al suo eloquente riapparire. Per questa ragione io eseguo questa musica, in concerto o in disco, con tutti i ritornelli come parte integrante della forma complessiva delle variazioni, dal momento che secondo me l’esperienza di ascolto diviene completa solo come conseguenza della totalità dell’idea e della sua espressione musicale.
Strumenti
Johann Sebastian Bach praticò sempre la rielaborazione della propria musica per strumenti diametralmente diversi, affidando una stessa musica a strumenti tra loro assai diversi per tessitura e qualità sonora quali clavicembalo solo, violino solo, organo (…).
È noto che io eseguo le Variazioni «Goldberg» sia sul clavicembalo che sul pianoforte, talvolta anche successivamente prima su uno strumento e poi sull’altro nel corso dello stesso concerto. Per l’esecuzione di quest’opera su di un solo strumento, e nello spazio di una moderna e grande sala da concerto, il pianoforte è lo strumento più appropriato.
© Rosalyn Tureck (1985)
Traduzione di Francesco Dilaghi