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Intervista a Biagio Cavallo, Simone Faraci e Simone Grande

Intervista a Biagio Cavallo, Simone Faraci e Simone Grande

Qual è il primo ricordo della tua vita legato alla musica che ti viene in mente?

Biagio Cavallo: Probabilmente il primo ricordo più profondo è la musica della domenica mattina proveniente dallo stereo di casa, di solito Beethoven o De André.
Simone Faraci: Mio padre è un musicista dilettante e quando ero bambino passavamo la domenica pomeriggio a suonare insieme, perlopiù le canzoni dei cantautori italiani: De André, De Gregori, Fossati, Vecchioni, ecc…
Simone Grande: Ricordo di un giorno a mare con amici, volevamo mettere su una band punk rock ma non potevo suonare la batteria perché faceva troppo casino in casa. Allora scelsi di imparare a suonare la chitarra.

Cosa ti ha spinto a iniziare a suonare uno strumento musicale?

Biagio: Sicuramente la presenza di dischi, attrezzature audio e piccoli strumenti nell’ambiente domestico, inoltre i miei genitori hanno sempre supportato la pratica musicale con interesse.
Simone F: Sono cresciuto in una casa in cui si ascoltava tanta musica, ho sentito sin da piccolo l’istinto di volerla fare anche io. Il primo strumento che ho suonato è stata una piccola chitarra 1/4, quando ero veramente molto piccolo. Dopo vari tentativi tra chitarra e violino, sono approdato al pianoforte che mi ha accompagnato per tanti anni, fino al diploma in Conservatorio. Da adolescente ho cominciato a sperimentare coi sintetizzatori e il computer, ero molto incuriosito dai suoni inauditi che sentivo nei dischi di rock progressivo e psichedelico. Lo studio sistematico della musica elettronica è arrivato più tardi, poco prima dei trent’anni.
Simone G: L’idea di poter suonare ciò che ascoltavo e condividere le mie canzoni preferite.

Quando hai capito che eri bravo in quello che stavi facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della tua vita?

Biagio: Non ho capito di essere bravo ma ho capito il mio forte interesse nel suono a metà del liceo circa, momento in cui ho iniziato una ricerca sonora che porto avanti tutt’ora.
Simone F: Diciamo che non sono sicuro di averlo ancora capito, ma continuo a ricevere segnali positivi dall’esterno, quindi persevero in questa strada. Ho sempre avuto la profonda convinzione che la musica avrebbe avuto un ruolo importante nella mia vita, ma per farne una professione è stata necessaria una grande determinazione.
Simone G: È arrivato tutto piano piano. I momenti più spenti, di quando mi allontanavo dallo strumento o da contesti musicali, mi facevano capire che ne ero profondamente legato perché mi mancavano molto. Erano parte del mio essere: la pratica e l’ascolto erano diventate ormai abitudini.

Ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto e cambiare direzione?

Biagio: Mollare del tutto no, ma ci sono momenti o periodi di abbattimento in cui emergono insicurezze legate al percorso che si sta costruendo. Di solito sono momenti di riflessione e cambiamento.
Simone F: Certamente, in special modo all’inizio, ma la fatica che mettiamo nello studio ha un valore e non vale mai la pena di gettarla alle ortiche mollando tutto.
Simone G: Onestamente penso che sia normale provare sensazioni contrastanti: prima amore assoluto, poi frustrazione, poi rabbia, poi soddisfazione. Quindi sì.

Qual è il momento più emozionante che ricordi della tua carriera musicale?

Biagio: Non so se uno in particolare, sicuramente trovo emozionanti le reazioni di chi, senza un orecchio analitico, si lascia trasportare e travolgere dal suono provando un’esperienza personale unica.
Simone F: Al di fuori delle emozioni provate sul palco, che sono sempre tante e sempre speciali, è stata molto emozionante la prima volta che ho sentito passare un mio brano su Radio3.
Simone G: Spesso si pensa ad un concerto o ad un’occasione speciale; in realtà i momenti più emozionanti che mi hanno dato parecchia soddisfazione sono stati con i miei amici più cari in sala prove. Quando non c’è un pubblico diventa tutto diverso, c’è un’energia e un’intimità che purtroppo è davvero difficile creare in un contesto più “organizzato”.

C’è un brano musicale a cui sei particolarmente legato? Vuoi dirci qual è e come mai?

Biagio: Visto che non sono bravo a scegliere una cosa su tante, esco un po’ dalla domanda e consiglio un live che ho visto e ascoltato all’infinito su YouTube. John Zorn and the Electric Masada – Jazz in Marciac a parer mio è un mix perfetto di composizione, improvvisazione e interplay. Nonostante siano diversi pezzi, consiglio di ascoltarlo come un unico lungo brano.
Simone F: De natura sonorum di Bernard Parmegiani, dalla prima volta che l’ho ascoltato ha cambiato per sempre la mia idea di musica. Ho capito che era la musica che stavo cercando, una musica al cui centro c’è il suono in tutta la sua complessità.
Simone G: Non ho un brano musicale a cui sono particolarmente legato.

Hai altre passioni oltre a suonare il tuo strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?

Biagio: Mi piace andare al cinema e frequentare mostre e musei, sono luoghi di forte stimolo, sia per la quotidianità che per il mio percorso musicale.
Simone F: Sono uno scacchista amatore e un grande appassionato di basket e football americano.
Simone G:

Ascolti altri tipi di musica oltre a quella che suoni? Se sì, quali?

Biagio: Da sempre cerco di aprire le orecchie il più possibile, senza precludere generi.
Simone F: Sono sempre stato un ascoltatore onnivoro, ascolto veramente di tutto.
Simone G:

C’è un disco – di qualsiasi genere – che consiglieresti a tutti di ascoltare?

Biagio: Faccio fatica ad essere così selettivo, però posso citare un disco che parecchi anni fa ha cambiato un po’ il mio modo di ascoltare e pensare la musica. Si tratta di Another Green World di Brian Eno.
Simone F: Ce ne sarebbero tantissimi che consiglierei, difficile sceglierne uno. Ma se devo proprio scegliere consiglierei un disco per me fondamentale: il primo album omonimo dei Naked City di John Zorn.
Simone G:

Qual è il libro che leggerai quest’estate?

Biagio: Sei passeggiate nei boschi narrativi di Umberto Eco.
Simone F: I russi sono matti di Paolo Nori.
Simone G: