Intervista a Daniele Carcassi, Federica Furlani e Luca Perciballi

Qual è il primo ricordo della tua vita legato alla musica che ti viene in mente?

Daniele Carcassi. Il primo ricordo legato alla musica che ho impresso nella mente è quando da bambino ascoltavo, per le prime volte, la musica con le musicassette nello stereo del salotto. Il brano più ipnotizzante era sicuramente Around The World dei Daft Punk che mi lasciava una strana sensazione all’ascolto: un mix tra magnetismo e nausea.

Federica Furlani. Un carillon a casa di mia nonna materna. Era una madonna di Lourdes e la melodia era “è l’ora che pia”, e devo dire che anche se non sono religiosa, è una melodia a cui mi sono sempre sentita molto legata.

Luca Perciballi. Una domanda di questo tipo ha bisogno di una risposta non mediata istantanea, sono sorpreso anche io di quello che sto per dire: ho vivissimo il ricordo di alcune audiocassette di bande scozzesi formate da cornamuse e rullanti che mio padre, chissà perché, ascoltava sullo stereo di casa praticamente ogni domenica della mia infanzia. Non aveva il pudore di ammettere che le cornamuse avrebbero potuto essere fastidiose per qualcuno (mia madre), specie se ascoltate ad un volume che non definirei gentile. Questa cosa è durata per qualche anno da quando avevo cinque anni circa fino alla metà delle elementari, per poi cessare misteriosamente come era iniziata. Non mi spiego il motivo, mio padre aveva una simpatia per le faccende di Scozia ma nulla più. Ricordo distintamente la sensazione dei bordoni non temperati delle cornamuse: che meraviglia!

Cosa ti ha spinto a iniziare a suonare uno strumento musicale?

Daniele. Ho suonato molteplici strumenti prima di arrivare alla musica elettronica/elettroacustica, ma mi ha sempre spinto a iniziare, il desiderio di voler suonare e fare “fisicamente” quella musiche che mi interessavano.

Federica. Ho iniziato da bambina col violino a 8 anni, semplicemente perché i miei genitori all’epoca mi avevano fatto provare molte attività, per esempio anche diversi sport, e tra tutte le attività che ho provato, la musica è quella che mi ha appassionato e ho portato avanti negli anni con me.

Luca. Nonostante io non provenga da una famiglia “musicale” c’è sempre stato un pianoforte in casa, un oggetto di arredamento, presumo, visto che non veniva suonato da nessuno. Sono sempre stato visceralmente attirato da questo mobile sonoro che, insieme ad una specie di organo Bontempi, occupava una buona fetta delle mie giornate: improvvisavo senza sosta, cercando di inventare piccole cose o di riprodurre i motivetti che sentivo in televisione. Sono ancora meravigliato come quest’attività non sia stata imbrigliata subito dai miei genitori in studi formali: mi hanno lasciato fare come se fosse un gioco, lo studio è arrivato in seguito con le lezioni di pianoforte prima e quelle di chitarra poi. Dopo qualche anno, gli studi di composizione si sono affiancati alla pratica sullo strumento ed ormai era chiaro che fosse la mia attività preferita.

Quando hai capito che eri bravo in quello che stavi facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della tua vita?

Daniele. In realtà sono stati due momenti distinti. Mi sono reso conto che il mondo della musica avrebbe occupato seriamente il mio tempo quando mi sono iscritto al corso di Musica Elettronica al Conservatorio di Bologna. Invece ho capito che stavo andando nella direzione giusta quando sono stato chiamato a partecipare per la seconda volta al festival Musica de La Biennale di Venezia, sia come artista che come tutor per il college.

Federica. In realtà molto tardi, perché, mentre studiavo viola, non mi sono mai sentita la tipica studentessa da Conservatorio. Quando ho avuto la mia prima band, all’ultimo anno di liceo, lì ho iniziato a “sperimentare” inventandomi le linee di viola per i brani e ho sentito una realizzazione che prima difficilmente avevo provato. Poi quando ho iniziato un po’ per caso, durante il mio biennio in elettronica, a collaborare come sound designer con delle compagnie teatrali, ho capito che era una cosa che mi veniva piuttosto bene. Forse perché sono sempre stata una persona che ama anche altre forme artistiche, e finalmente avevo trovato un’attività in cui vivere questa multidisciplinarietà.

Luca. Sul capire di essere bravo confesso di doverci lavorare ancora: accuso un’insicurezza cronica in molti aspetti della mia vita e parto dal presupposto di non esserlo troppo. Qualche incoraggiamento da parte dei miei insegnanti mi ha fatto mettere da parte una certa ritrosia per trovare il coraggio di dedicarmi totalmente a quella che posso definire una passione bruciante, almeno così era nell’adolescenza. Di sicuro ero certo che non ci fosse niente in grado di interessarmi, smuovermi allo stesso modo per cui non mi sono mai posto il problema della bravura ma solo quello di rendere quel tipo di esperienza qualcosa di quantitativamente importante nella mia vita. Questo e un po’ di incoscienza hanno fatto il resto!

Ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto e cambiare direzione?

Daniele. No, anzi ho lasciato quello di cui mi occupavo prima per dedicarmi alla musica.

Federica. In realtà, mentre ancora ero in Conservatorio, non ho mai pensato che avrei fatto la violista nel senso tradizionale del termine, quindi audizioni per orchestre e così via. Però sono molto caparbia, quindi comunque non ho mai pensato di mollare prima del diploma. Poi fino a un certo punto ho sempre studiato anche altro (scenografia e lettere antiche) e quindi fino a quando in effetti non è diventato il mio unico lavoro, essere musicista, ed è avvenuto in modo graduale, non l’ho mai percepita come l’unica strada possibile. Finito il biennio mi ricordo che c’è stato un periodo in cui mi sono chiesta tanto se aveva senso tentare questa professione, oppure fare un lavoro completamente diverso, e tenere la musica solo come passione e non professione. Alla fine mi sono sempre arrivate tante occasioni e così non ho avuto scelta! 

Luca. Tantissime volte e confesso che a volte sia stato liberatorio anche solo pensare di poter fare qualcosa di diverso. La carriera di un musicista è difficile per un’enorme serie di motivi: disciplina e rigore nello studio fanno parte della mia indole, ma sopportare le inevitabili delusioni, la precarietà di una posizione lavorativa priva di un contesto sociale forte a supportarla, l’ambiente musicale iper competitivo sono tutte cose che costringono ad “ingoiare parecchi rospi”. A volte la fatica o la frustrazione hanno il sopravvento e col tempo si impara a proteggersi, a non far coincidere ciò che si è con ciò che si fa! Non posso certo definirmi un enfant prodige per cui ho imparato attraverso lo studio e, soprattutto, dagli sbagli sia musicali che umani che ho commesso nell’esercitare il mio ruolo di musicista: questo espone a enormi delusioni, a volte paralizzanti, a cui per fortuna sono riuscito a reagire.

Qual è il momento più emozionante che ricordi della tua carriera musicale?

Daniele. È impossibile selezionare un singolo momento, ma sicuramente uno dei più emozionanti (e divertente) è stato quello della Street Parade di Bologna del 11 maggio 2022. Suonare all’interno di una parata, diffondendo la musica per le vie del centro della città davanti a un numero sconfinato di persone è stato particolarmente eccitante. Inoltre, era uno dei primi grandi eventi dopo la chiusura e le restrizioni del Covid, fattore che ha aumentato ulteriormente la funzione aggregativa e sociale dell’evento.

Federica. Ci sono stati molti concerti, e di tipo molto diverso che mi hanno regalato emozioni fortissime. Però in generale nel momento in cui ho iniziato ad avere il mio progetto solista è stata per me una fortissima soddisfazione, perché ho sempre avuto band o progetti collettivi di vario tipo, e sapere di farcela a presentare un progetto artistico da sola, mi ha dato una grande sicurezza in me stessa a livello artistico. Questo non toglie che amo tantissimo suonare con gli altri. Penso sia l’espressione più forte della musica, e quando non lo faccio per troppo tempo mi manca molto!

Luca. Direi il mio primo incontro, io ancora giovane studente, con un gigante come Butch Morris nel piccolo paesino sardo di S. Anna Arresi, durante una caldissima giornata d’estate. L’essere lì a confrontarmi con un personaggio di spicco per la prima volta in vita mia, discutere a quel livello, condividere idee, è stata un’emozione irripetibile che mi ha fatto capire molto bene cosa avevo realmente intenzione di fare. L’incontro è stato surreale (abbiamo parlato per otto ore in un paese quasi deserto) e molto importante per i futuri sviluppi della mia carriera musicale, visto che ho avuto modo di lavorare diffusamente con Butch e assisterlo nella sua attività.

C’è un brano musicale a cui sei particolarmente legato? Vuoi dirci qual è e come mai?

Daniele. La collina dei ciliegi – Battisti Associo questo brano ad un periodo particolarmente spensierato, quello dei primi anni a Bologna, dove questo disco accompagnava il risveglio tutte le mattine.

Federica. Pensando alla viola, un brano che mi è sempre piaciuto tantissimo suonare e che come sensibilità mi ha sempre toccato è Après un rève di Gabriel Fauré. Me lo aveva dato il mio primo maestro di viola al Conservatorio di Verona, e mi ricordo che lui me lo suonava a lezione e aveva un suono stupendo. Penso di essermi veramente innamorata del suono della viola sentendo lui suonare questo brano.

Luca. Assolutamente sì! Il primo movimento (Praeludium) del Concerto per violino di G. Ligeti, nella versione dell’ensemble Intercontemporain diretto da Pierre Boulez. Ricordo ancora distintamente quando il mio insegnante di composizione ha fatto partire la traccia nel mezzo di una lezione di contrappunto: dopo circa 30 secondi avevo le lacrime agli occhi! Ricordo distintamente di aver pensato “ecco cosa voglio fare per il resto della vita, voglio scrivere questo pezzo”. Sinceramente non ricordo niente, a parte le memorie della mia vita privata, che mi abbia emozionato a tal punto, facendomi sentire al posto giusto. Dico sempre, scherzando, che tutto quello che faccio è un tentativo di copiare il meraviglioso brano di Ligeti!

Hai altre passioni oltre a suonare il tuo strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?

Daniele. Sono appassionato di film e libri di fantascienza.

Federica. Sì, come già detto in altre risposte, ho una mente multidisciplinare. Mi piace molto l’arte visiva e quindi ho sempre approfondito molto anche questo mondo. Poi appunto per lavoro, da una decina di anni, frequento molto il mondo del teatro, della danza e della performance, e quindi mi piace spesso andare a teatro come pubblico a vedere tante cose. Sicuramente viaggiare mi piace moltissimo e fare questo lavoro spesso ti regala di scoprire posti incredibili.  Purtroppo, non sono una tipa molto sportiva, però negli ultimi anni mi piace andare il più spesso possibile a camminare in montagna o in natura. Vorrei leggere molto di più ma il tempo crescendo è sempre meno!

Luca. Sono un avido lettore, ho un vero e proprio feticismo per la lettura e per il libro come oggetto, ne compro più che posso. Anche i fumetti sono una grande passione, specialmente i manga ma anche le graphic novel! Amo l’esercizio fisico a corpo libero, l’unica attività che ho il tempo di praticare con costanza, ma ho un passato di agonismo nelle arti marziali: ho praticato karate in vari stili fin dalla più tenera età e ho smesso l’agonismo solo perché la pratica musicale mi assorbiva troppo per conciliare entrambe le discipline. Amo molto i videogame, ho solo poco tempo libero per giocare! Nell’ultimo periodo, forse perché sto invecchiando, mi sto dedicando al retrograming di console anni ‘90 e primi 2000, quelle che ho giocato nella mia infanzia.

Ascolti altri tipi di musica oltre a quella che suoni? Se sì, quali?

Daniele. Ho ascoltato molti generi musicali durante l’arco della mia carriera musicale ma ultimamente faccio fatica a distanziarmi molto dalla musica elettronica.

Federica. Sì, sono un’ascoltatrice onnivora. Oltre all’elettronica sperimentale, mi piace molto ascoltare il filone pop cantautorale più sperimentale, dove magari c’è una cura speciale per gli arrangiamenti. Ascolto ancora abbastanza spesso musica classica, e in generale mi piace tantissimo scoprire e ascoltare musiche di culture diverse da quella occidentale.

Luca. Direi che, per fortuna, ascolto principalmente cose molto diverse da quello che suono. Un po’ per necessità lavorative, un po’ per curiosità e passione cerco sempre di scoprire musica nuova: mi tengo aggiornato su cosa sta succedendo sia in ambito pop sia nell’ambito della scena elettronica. Ultimamente sto ascoltando molto hip hop, da nomi mainstream come Kendrick Lamar a cose più oscure come Sélébeyone, molta musica elettronica di stampo dance con un minimo di ricerca sonora, il primo intramontabile disco dei giovanissimi Black Midi e le esecuzioni del barocco francese di Vikingur Ólafsson, pianista sopraffino. Vecchi amori adolescenziali rimangono sempre i primi dischi degli Smashing Pumpkins, il disco live del trio Frisell-Driscol-Baron, i Morphine, Dylan e Bowie. Se ho voglia di piangere ascolto Celestial Excursions di Robert Ashley.

C’è un disco – di qualsiasi genere – che consiglieresti a tutti di ascoltare?

Daniele. Daniele Carcassi – Habitat 😉

Federica. Un disco che ho ascoltato tantissimi anni, che si chiama Joumonshou di YAS-KAZ. Ha dei suoni incredibili, e delle melodie ammalianti con strumenti che neanche capivo cosa fossero. Mi ha ispirato tantissimo quando ho iniziato a comporre il mio primo live elettroacustico.

Luca. Open, to Love di Paul Bley, un disco ECM del 1972. Un testamento di tutto quello che trovo formativo nella musica per l’essere umano.

Qual è il libro che leggerai quest’estate?

Daniele. Cieli perduti. Archeoastronomia: le stelle dei popoli antichi di Guido Cossard.

Federica. Mentre ero in viaggio in Islanda ho letto Follia di Patrick McGrath. Mi è piaciuto anche se mi aspettavo qualcosa di molto diverso. Sto leggendo Una vita come tante di Hanya Yanagihara.

Luca. Anche qui non riesco ad essere sintetico! Adoro leggere e l’estate consente di avere un poco più di tempo per farlo con la giusta calma. Mi limiterò ad elencare che cosa ho sul comodino in attesa di essere letto:
Josif Brodskij – Fuga da Bisanzio
Henry Michaux – Passaggi
Yannis Kyriakides– Imagined Voices. A poetics of Music Text Films
Emil Cioran – La Tentazione di Esistere