Il programma che eseguirete assieme al violista Simonide Braconi include i primi due Quartetti con pianoforte di Brahms. Cosa vi affascina particolarmente di questi lavori?
Enrico Bronzi. In questi due Quartetti ci sono tutti gli ingredienti della poetica e del pensiero brahmsiano: essenzialità, elaborazione continua, tono popolare, pienezza di scrittura.
Sono due opere quasi opposte dal punto di vista del carattere, tuttavia intimamente connesse dal punto di vista della logica interna che le genera. Mi fanno pensare un po’ alle opere “complementari” che Beethoven spesso mette sotto il medesimo numero d’opera, quasi a voler sperimentare procedimenti formali contrastanti.
Suonate insieme fin da giovanissimi, dal 1990. Qual è il segreto di questo sodalizio così profondo?
Enrico Bronzi. Molto spesso l’unità di visione di chi sceglie un percorso cameristico condiviso sfocia in un intorpidimento del senso critico in favore di una vocazione “identitaria”. Forse la nostra forza sta nel quasi paradossale contrasto tra condivisione profonda dei valori di base del fare musica insieme e le marcate differenze di carattere individuale che ci contraddistinguono.
Vi dedicate intensamente all’insegnamento nei Conservatori di Parma (per la musica da camera), di Novara e al Mozarteum di Salisburgo (per gli strumenti individuali). Quali sono i consigli più importanti che date alle giovani formazioni cameristiche?
Ivan Rabaglia. Ormai da due anni affianchiamo, alla nostra attività stabile in Conservatorio, un Master di alta formazione in musica da camera al Conservatorio di Parma. Questo ci permette di aiutare concretamente gli allievi che stanno iniziando una carriera in ambito cameristico. È difficile dire cosa consigliamo ai ragazzi perché i fattori in campo sono vari e molteplici: le nostre tre diverse personalità in rapporto con le singole personalità degli allievi pongono l’accento su problematiche che possono cambiare continuamente. La lettura corretta del testo e l’analisi del percorso formale e armonico prende corpo gradualmente in una interpretazione sempre più consapevole e personale, mentre diverse soluzioni strumentali possono aiutare nelle situazioni acustiche più disparate, nei concerti dal vivo o nelle registrazioni. In sostanza direi che è un “work in progress” e i successi dei nostri allievi in concorsi internazionali, in premi o borse di studio ci attestano che il nostro lavoro in qualche modo funziona.
Avete progetti futuri che volete rivelarci?
Alberto Miodini. Dalla prossima stagione proporremo, tra le altre cose, due cicli di programmi cui teniamo particolarmente: il primo prevede l’accostamento, in tre concerti, dei sei grandi Trii beethoveniani ai tre Trii di Mauricio Kagel; l’altro, sempre in tre concerti, propone un approfondimento del repertorio di matrice slava, con l’esecuzione integrale dei Trii di Dvořák e lavori di Šostakovič, Rachmaninov e Čaikovskij.
Per maggiori informazioni sul concerto del Trio di Parma e Simonide Braconi di sabato 2 marzo, cliccare qui.