Il potere della Musica
Fu il 19 febbraio del 2018 che, per la prima volta, salimmo le scale che portano al Saloncino della Pergola per assistere alla nostra prima serata della stagione concertistica degli Amici della Musica.
Grazia alla cara amica Francesca Joppolo abbiamo potuto dare il via ad una nuova abitudine affascinante e più che gradevole. Quello che ci fece scegliere proprio lo Schumann Quartett (Erik Schumann violino, Ken Schumann violino, Liisa Randalu viola, Mark Schumann violoncello) fu che in programma era previsto Beethoven, grande passione di nostro padre che, fino da piccole, cercava di farci apprezzare quella musica che lo emozionava così tanto. Oltre all’evidente bravura dei musicisti e alla scelta dei brani di Beethoven, Šostakóvič, Schubert l’emozione più grande è stata quella di ritrovare quella stessa musica suonata finalmente senza il filtro di un’incisione, ma viva e palpitante proprio mentre veniva eseguita dai maestri. Fu bellissimo sentirci nuovamente così unite con il nostro genitore che, purtroppo, era venuto a mancare pochi mesi prima e ritrovarci, nella sua stessa emozione.
Ecco il potere della Musica, il potere sublime dell’Arte in genere e l’importanza di sostenere in ogni modo possibile ogni artista che si mette a disposizione perché questa magia sia evocata eternamente.
Elisabetta e Lucia Bellini
Sindrome di Stendhal
Sono curiosa.
Curiosa e ribelle.
Curiosa, ribelle e incostante.
L’arte è stato da sempre il mio campo giochi preferito. Da bambina con papà che mi guidava tra i suoi dischi di jazz, i libri, i film. Da ragazza piena di amici che sognavano di diventare musicisti, registi, pittori, attori, fotografi…e alcuni sono riusciti a fare delle belle carriere, di alcuni mi sono pure innamorata.
Galleggiavo in inverni malinconici quando sono giunta alle serate degli Amici della Musica e dunque particolarmente affamata di bellezza. Ma sempre ribelle. Tante volte avrei voluto applaudire per entusiasmo al termine di un movimento che mi aveva trafitto il cuore. O come durante la serata di Klezmerata fiorentina (con fantastici musicisti prime parti dell’orchestra del Maggio capitanati dal fascinosamente incontenibile Igor Polesitsky) nella quale invece che al Saloncino della Pergola, avrei voluto trovarmi in un localaccio fumoso dove si potesse bere e ballare.
Ma una sera, inverno 2016, in teatro ho trovato Lucchesini – Rossi – Rizzi – Cassi e Brunello con il concerto intitolato La petite phrase da A la recherche du temps perdu di Marcel Proust. Non me ne vogliano gli altri straordinari musicisti, ma lì sono caduta, rapita, praticamente innamorata di Mario Brunello e del suo violoncello. Ricordo visioni di mondi sottomarini, balene fluttuanti in una sorta di sindrome di Stendhal che mi ha lasciato commossa, ammutolita, finalmente placata
Lucina Balboni
Amici coristi
Frequento i concerti degli Amici della Musica di Firenze dal 2000. In questi venti anni ho cantato in vari cori di Firenze, ma il più importante (da 14 anni, ormai) è Harmonia Cantata. Ho tanti ricordi del mio coro “presente” ai concerti degli Amici della Musica al Teatro della Pergola! Mi fa piacere raccontare un episodio simpatico, avvenuto al concerto dell’1 febbraio 2014: il teatro era gremito per le sorelle Labèque che con i loro due pianoforti ci entusiasmarono nel Bolero di Ravel, ritmato dalle fantasiose percussioni del trio basco Kalakan; il trio poi ci regalò un autentico spettacolo di canti popolari baschi accompagnati dai loro originalissimi strumenti. Infine, uno dei percussionisti scese in platea a chiedere al pubblico di “giocare” con lui: la metà seduta a destra doveva cantare una nota e la metà seduta a sinistra doveva cantarne una alla terza sopra, a creare un “tappeto armonico” su cui il cantante/percussionista avrebbe a sua volta cantato e suonato. Accadde, però, che nella metà platea in cui eravamo seduti noi del coro (una trentina, tutti vicini) cantavamo, in realtà, solo noi…mentre nell’altra metà non cantava proprio nessuno! Il percussionista che “ci dirigeva” si accorse subito che “il gioco” non funzionava…così tornò sul palco e da lì terminò il concerto suonando con i colleghi del trio. Terminati gli applausi, alcuni ascoltatori seduti vicino a noi coristi si complimentarono per il nostro “coraggio”; poi, nel foyer, una persona dello staff degli Amici della Musica, che mi conosceva e sapeva che a quel concerto ero presente con molti amici coristi, mi salutò esclamando: «Quando, prima, ho sentito quel bel suono continuo provenire dalla platea, mi son detto: “Eh già, stasera in sala c’è il coro della Chiara!”».
Chiara Gini
Sulla spiaggia di Copacabana
Era una bella serata di primavera, mi par di ricordare, non c’era ancora il tepore delle sere di inizio estate. Era qualche anno fa e, a pensarci adesso che siamo tutti nelle nostre case in città vuote, mi sentivo giovane e piena di vita in mezzo a tanti altri che a passo svelto si dirigevano verso il teatro Niccolini.
Il richiamo era un concerto un po’ “diverso”, un concerto che si discostava dai soliti canoni della programmazione degli Amici della Musica: sul palco ci sarebbe stata la violinista russa Viktoria Mullova che, col suo ensemble, avrebbe suonato musica brasiliana.
La Mullova mi piaceva molto e questo era ovvio, trattandosi di una grandissima violinista; ma non posso nascondere che una parte del fascino che esercitava su di me era dovuta anche al fatto di essere stata vicina al grande Claudio Abbado che ho “adorato” e da cui aveva avuto un figlio che, se non vado errata, suonava con lei. Era come se sul palcoscenico del Niccolini, quella sera, aleggiasse anche un po’ la presenza del grande Claudio.
Il teatro era pieno, la musica brasiliana calda e struggente. I brani di Jobim e Caetano Veloso, per citare i più noti, interpretati da quell’ensemble che dava vita ad una specie di jam session mi regalarono una grande emozione. Notevole anche il violoncellista Matthew Burley, compagno della Mullova.
Di lei, quella sera, mi colpì la distanza fra l’aspetto fisico di donna russa , con la sua faccia “legnosa”, e il ritmo della musica brasiliana che usciva dal suo Stradivari a inondare la sala.
Non si poteva certo affermare che aveva le phisique du role. Ma, nonostante questo o, forse, anche a causa di questo, trasportò il teatro sulla spiaggia di Copacabana, a Rio de Janeiro.
Mi ricordo le mie gambe trattenute a stento per la voglia di ballare che indovinavo anche in altri. Mi ricordo i lunghi entusiastici applausi. Mi ricordo l’uscita dal teatro quasi col passo ritmato di quella musica che avevo negli orecchi. Mi ricordo il sorriso che vedevo sulle facce di tanti che come me avevano assistito a quel concerto ed ora si disperdevano per la strada col cd del concerto in mano. Che serata! Che emozione!
Grazie Musica.
Degli Amici.
Sandra Torricini
Dietro le quinte
Erano gli anni dell’università. Cercavo un lavoro serale che mi permettesse di guadagnare qualcosa senza troppo togliere alle ore di studio. Mi chiamarono per un colloquio al Teatro della Pergola. Da anni seguivo la stagione dei concerti degli Amici della Musica. Erano diventati il mio appuntamento fisso del sabato pomeriggio da quando avevo compiuto cinque anni e avevo iniziato a studiare pianoforte. Il direttore dell’epoca mi fece un regalo meraviglioso: mi designò maschera addetta ai camerini. Questo voleva dire che non solo avrei potuto ascoltare i concerti, ma avrei anche conosciuto personalmente tutti gli artisti, i miei eroi.
Ero al settimo cielo. Ricordo Yo-Yo Ma e la sua inarrivabile delicatezza, Mikhail Pletnev e la sua sottile ironia, Vladimir Ashkenazy e la sua incredibile umanità. Ma la mia emozione più grande fu quando venne a teatro il mio artista “preferito”: Krystian Zimerman.
Nutro per lui una venerazione da sempre. Per me rappresenta l’apoteosi del pianismo contemporaneo e le emozioni che mi regala sono davvero indescrivibili. Ascoltarlo mentre provava il suo pianoforte, immerso in un silenzio irreale, osservare ogni minimo movimento misurato del suo corpo alla ricerca del suono perfetto, sentirlo ripetere decine di volte un passaggio perfetto alla ricerca di chissà quale celestiale visione, rappresenta uno dei ricordi più belli della mia vita. Entrava a teatro luminoso come una stella e con la gentilezza, propria dei grandi, chiedeva un caffè, anzi a volte anche due o tre, qualche asciugamano e qualche barretta energetica. Quando usciva dal palco dopo il concerto era sorridente e radioso, pronto a scherzare con me e Domitilla Baldeschi sul fatto che anche io “suonassi il pianoforte”…
Carlotta Forasassi
Il loggione della Pergola
1953: avevo quattordici anni e facevo la quarta ginnasio in un liceo fiorentino; la mia insegnante di Lettere ci dette un tema che ci invitava a descrivere i nostri sentimenti nell’ascolto di un concerto. Andai in crisi; pur suonando il pianoforte (allora quasi tutte le ragazzine lo studiavano) e amando la musica, non ero mai stata ad un concerto e forse quasi mai in un teatro. Ero brava in italiano e allora mi inventai tutto e presi un bel voto, ma promisi a me stessa di andare ad un concerto alla Pergola. E così cominciò la mia avventura: allora il “loggione” non era numerato e ai concerti di musica classica andava – incredibile ai tempi d’oggi – una fiumana di studenti. Si faceva la coda tutti insieme in via della Pergola e poi, tutti di corsa per le scale per prendere un buon posto. Ci si ritrovava a classi intere: era, si direbbe oggi, un happening molto atteso. E non fu una volta sola. Poi venne l’abbonamento e tutto durò tanti e tanti anni. Era considerato molto “in” trovarsi nel loggione della Pergola il sabato pomeriggio, in un orario che permetteva poi di restare insieme ancora un po’ prima di tornare a casa.
Un bellissimo ricordo, che ancora oggi mi torna in mente quando vado ai concerti degli Amici della Musica, sempre in “loggione”, ma non più giovane e senza giovani intorno.
Simonetta Nocentini
[ph. Filippo Manzini]