Richter aveva annullato un concerto da noi il sabato, già tutto esaurito, perché si era sentito male. Io, in quell’occasione, andai con un medico all’hotel Villa Carlotta, dove il pianista alloggiava. Non stava malissimo, ma sicuramente non si sentiva in grado di fare un concerto. Richter mi disse allora che sarebbe tornato il fine settimana successivo – la domenica sera per l’esattezza – per recuperare il concerto.
La domenica seguente il teatro non era pieno, di più! La gente stava attaccata ai lampadari, c’era un’attesa incredibile. Il concerto era la sera, alle 21. Alle 20:45 Richter mi fece chiamare in camerino. Lo trovai seduto su una sedia, già vestito. Appena mi vide, si allentò il colletto e mi disse: «Io stasera non suono».
Mi sentii morire! E pensai che l’ultima cosa al mondo che volevo fare fosse annunciare al pubblico che il concerto era annullato. E lui continuava: «Non se ne parla di andare di là, mi sento male, mi gira la testa, mi sento svenire…». In pratica, mi ripeté gli stessi sintomi che aveva la settimana precedente. Aveva chiaramente una crisi di panico.
Presi un po’ di coraggio – con lui si parlava pochissimo in genere – e gli dissi: «Maestro, la sala è piena, come si fa?». E lui: «Ah, non mi dica così! Mi mette ancora più ansia!».
A quel punto, non so come mi venne in mente, gli feci: «Maestro, mi è venuta un’idea. Ho avuto da un medico svizzero [ero veramente in cura da un medico svizzero, al tempo] una cosa meravigliosa. Anche io soffro di ansia ogni tanto e il mio medico mi ha dato una pasticca pazzesca. Me n’è rimasta sicuramente una in borsa».
Chi mi conosce sa benissimo che la mia borsa è sempre piena di farmaci. Insomma, quella sera avevo in borsa una pasticca di vitamina C effervescente. Uscii un attimo dal camerino e rientrai dopo poco con un bicchiere d’acqua. Buttai la pasticca dentro il bicchiere e Richter mi chiese cosa fosse, allora gli risposi: «Guardi Maestro, questa pasticca è un insieme di erbe. Non solo tira su, ma cura e calma molto psicologicamente». Mi ricordo perfettamente queste parole che mi uscirono dalla bocca. «La deve bere tutta in una volta».
Allora Richter prese il bicchiere e trangugiò tutto. «Non è cattivissima», mi disse. Allora io: «Adesso lasci passare qualche momento e vedrà, è una pasticca miracolosa».
Quindi uscii dal camerino e rientrai dopo un paio di minuti. Richter era in piedi ed esclamò: «Io devo capire che pasticca è perché mi sento un altro!». Naturalmente, non potevo rispondergli che era vitamina C, quindi gli dissi che era una pasticca straordinaria, che non faceva male, e che gli avrei spiegato meglio dopo il concerto.
Insomma, lui uscì, andò sul palco e fece un concerto strepitoso. Appena rientrato, dopo gli ultimi applausi, mi disse: «Mi deve assolutamente trovare questa pasticca». Allora gli dissi: «Certamente, Maestro, gliela farò arrivare dalla Svizzera». Quello era l’ultimo concerto di una lunga tournée di Richter, quindi sapevo che se ne sarebbe dimenticato dopo poche ore.
In realtà mi sbagliavo. Lo rividi dopo qualche mese per un altro concerto, e subito mi domandò se avessi ancora quelle pasticche. Allora gli dissi: «Maestro, ma lo sa che non le fanno più?».
Domitilla Baldeschi