Intervista a Francesca Bonaita e Mariia Matsiievska

Qual è il primo ricordo della tua vita legato alla musica che ti viene in mente?

Francesca Bonaita: Sono cresciuta in un ambiente in cui musica, danza, letteratura e arti figurative sono state e sono una sorta d’impronta digitale che ha connotato la condivisione familiare, insieme alla passione per il teatro e per il cinema. Il primo ricordo legato alla musica è certamente il suono del pianoforte che proveniva da un’altra stanza, come sottofondo al mio gioco. E poi c’era l’ascolto delle trame dei racconti del mito greco o letterari e dei libretti d’opera che ci venivano raccontati sempre in modo favoloso e scenico. Così, noi fratelli animavamo i vari personaggi: un giorno c’era Orlando, un giorno Orfeo, il giorno successivo Leporello o il Barbiere di Siviglia o i pastori dell’Orfeo di Monteverdi. Cantavamo le arie o i cori insieme, ci divertivamo moltissimo. Io ero affascinata dalla Regina della notte, personaggio dalla voce meravigliosa e dall’animo malvagio. Pazienza, per me l’importante era che cantasse benissimo.
Mariia Matsiievska: I remember myself obsessively conducting to Mozart’s 40th Symphony with a ruler, as my mom would play some vinyls for me.

Cosa ti ha spinto a iniziare a suonare uno strumento musicale?

Francesca: Il violino per me non è stato solo uno strumento da suonare, ma una vera infatuazione. M’incantava il suono, capace di sonorità calde e di acuti cristallini, la forma sinuoso del riccio, l’ondeggiare della compagine degli archi in orchestra che, dalla galleria del teatro, sembrava una danza.
Mariia: Initially it was my mom, who thought of playing an instrument as a good hobby. She chose piano for me because she, a piano teacher herself, believed I have very pianistic hands. I didn’t mind, but I was more infatuated with violin at first, as my older sister was playing violin. Now I don’t see myself playing anything but piano! 

Quando hai capito che eri brava in quello che stavi facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della tua vita?

Francesca: Ho iniziato lo studio dello strumento a sei anni, dopo essere stata lasciata almeno un paio d’anni a far decantare la mia richiesta, sempre più pressante, di suonare il violino; fino a quando sopravvenne la certezza dei miei genitori che fossi davvero motivata verso un percorso di studio, che, almeno sulla carta, appariva decisamente faticoso. Fin da piccola, l’obiettivo principe per me fu quello di riuscire a suonare alcuni brani in particolare che identificavo dai miei ascolti; man mano che riuscivo a suonare alcune composizioni, particolarmente amate, o ricche di fascinazione, spostavo l’asticella del nuovo repertorio da raggiungere un po’ più in alto. È stata una sfida del tutto personale con me stessa e la musica che amavo. Per quanto fossi combattuta tra l’archeologia classica o la danza, l’anno della maturità liceale ha segnato una data spartiacque dopo aver vinto molti concorsi violinistici: c’era un prima, fortemente motivato a suonare “solo” davvero bene, e ci fu, da lì in poi, un dopo, in cui il suonare divenne imprescindibile alla creazione della mia identità personale e di un futuro irrinunciabile.
Mariia: There wasn’t a single moment, it was rather growing confidence in my abilities step by step, learning and conquering more difficult pieces, bigger programs and becoming more and more consumed, absorbed by music. 

Ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto e cambiare direzione?

Francesca: Lasciare del tutto, mai; tuttavia, l’avvertire il peso di una scelta così totalizzante, credo sia un passaggio comune a tutti i musicisti che si confrontano quotidianamente con loro stessi e il livello sempre più specifico alto delle competenze da acquisire, portate ai limiti massimi. È una fatica fisica e mentale che non può non andare in parallelo con un’inossidabile determinazione, necessaria per sostenere la complessità del progetto, specie se si intende dispiegarlo in direzione professionale.
Mariia: In earnest – never. However, I do believe that a successful musician nowadays has to be a multitasker – just as onstage – solo, chamber music, but backstage as well self-manager, promoter, copywriter, content creator, teacher, moderator, etc. So I contemplate about acquiring another degree or doing a short study program, but for now only to compliment my musical career. 

Qual è il momento più emozionante che ricordi della tua carriera musicale?

Francesca: Sono due, insieme a moltissimi aneddoti che caratterizzano la mia attività solistica e cameristica che, negli anni, si è arricchita di tanta esperienza. Il primo è il debutto con il concerto di Čajkovskij, a diciassette anni, il sogno di ciascun violinista; la spalla della viola, dopo la prima prova, mi disse che il solista viene subito identificato dalla compagine orchestrale già dal modo in cui sale sul palco e io potevo farcela. Il secondo, il debutto solistico al LAC di Lugano del concerto di Zimmermann con l’Orchestra della Svizzera Italiana. La mia foto, nel programma di sala dell’intera stagione, era affiancata a quella delle star del panorama internazionale. L’incredibile massa sonora orchestrale, la vista dell’organico che riempiva completamente il palco, il teatro sold out e il boato del pubblico furono per me un motore fortissimo, per lavorare sempre con determinazione a fare bene e sempre meglio, da lì in poi.
Mariia: There isn’t a single happiest or most emotional moment, but many many happiest moments of discovery, be it on stage, in rehearsal or in a solo practice session. 

Ci raccontate come vi siete conosciute? Cosa vi piace del suo modo di suonare dell’altra e come mai avete deciso di suonare insieme?

Francesca: La nostra collaborazione è nata alla prestigiosa Folkwang Universität der Künste a Essen, in Germania, con l’intento di formare un duo violino e pianoforte per sostenere i miei esami di musica da camera per il Master Universitario postgraduated. Con Mariia, di cui ammiro moltissimo la sua lettura straordinaria, l’analisi della partitura e una tecnica sopraffina al servizio dell’espressività, ci unisce un grande passione per il repertorio e l’affiatamento cameristico, oltre alla curiosità di sperimentare composizioni inusuali per il pubblico; in questo senso, è stato molto accattivante portare in scena un confronto tra la letteratura musicale italiana novecentesca e quella ucraina coeva.
Il duo è una formazione che deve respirare insieme, ci deve essere sintonia istintiva e condivisione, oltre che una visione perfettamente paritetica di ascolto reciproco e sostegno l’uno dell’altro per acuire, di ciascuno dei due musicisti, la miglior resa musicale e artistica possibile. E tutto questo si crea solo con moltissimo studio e altrettante ore di prova.
Mariia: Actually our first interaction was per video call, even though we studied at the same university in Essen at the time. We formed our duo then and (luckily for me) have been playing together ever since. I was drawn to her exceptional musicality and impeccable artistic integrity. Francesca is the musician that is able to create a dialogue on stage and invites you to react, communicate and create together, which in reality is quite rare to find. 

C’è un brano musicale a cui sei particolarmente legata? Vuoi dirci qual è e come mai?

Francesca: In veste solistica, il primo concerto di Bela Bartok, pubblicato postumo, per ciò che ha rappresentato per il compositore. Dilaniato dall’infelice amore per la straordinaria violinista dedicataria, egli tratteggia musicalmente un racconto: il lirismo della fascinazione, la personalità della giovane, la conflittualità irrisolta. Anche il concerto di Berg, dedicato alla figlia di Alma Mahler, prematuramente scomparsa, un angelo di cui il compositore sublima l’anelito verso la luce.  È un concerto molto complesso, che necessità grande maturità interpretativa, al di là della prassi violinistica. Una composizione cameristica è invece la Sonata di Cesar Franck, che con Mariia abbiamo suonato per lo Szymanowski International Festival a Zakopane, in Polonia. Questa sonata non è solo una vetta cameristica ma credo rappresenti tutte le declinazioni possibili della vita; certamente le devo la mia maturazione artistica negli anni.
Tuttavia, il brano a cui sono particolarmente legata spesso è quello che ho appoggiato ogni volta sul leggio e che diviene il “tormentone” del momento. Si vorrebbe avere tutto subito tra le dita e invece il più delle volte si deve “soffrire” il tempo necessario per maturarne la complessità e ogni volta è un grandissimo esercizio di pazienza.
Mariia: Hard to choose just one. Maybe today it’s Largo from Bach Third sonata for violin solo. Listening to it can be very cathartic and spiritual experience. 

Hai altre passioni oltre a suonare il tuo strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?

Francesca: Oltre a dedicarmi alla scrittura, alla filosofia, allo studio della letteratura classica, sono una grande appassionata di viaggi, di mostre d’arte, di allestimenti museali e di danza. Partendo da quella classica, studiata fin da bambina per molti anni, fino alla danza moderna e contemporanea, al tip tap, allo swing, ora mi sto appassionando al tango argentino. A un certo punto è stato necessario scegliere, ma ancora oggi, compatibilmente al tempo della preparazione dei concerti, l’energia della danza accompagna i miei pensieri e i miei giorni. Inoltre, sono una super tifosa di sport.
Mariia: Travelling and reading are always present in my life, but it’s also work-related. At the moment I don’t really have any regular hobbies, rather sporadic ones. I love watching tennis matches, baking. Sometimes you may find me brewing and drinking some loose Chinese teas, writing poetry and taking photos on film. 

Ascolti altri tipi di musica oltre a quella che suoni? Se sì, quali?

Francesca: Sono decisamente un’onnivora, spazio dal jazz, al pop, al cantautorato d’autore, al Novecento e alla contemporaneità “classica” con grande interesse, credo sia il segno di quanto la musica mi piaccia. Ascolto e ci canto sopra.
Mariia: I grew up listening to The Doors, Def Leppard or Led Zeppelin, I also put on niche pop every now and then, like Teddy Swims, Ocean Alley or Wasia Project. 

C’è un disco – di qualsiasi genere – che consiglieresti a tutti di ascoltare?

Francesca: Facciamo due: Time out, Take Five del “The Dave Brubeck Quartet, uscito nel 1959, con l’indimenticabile solo al sax di Paul Desmond, un gioco di parole tra l’inusuale 5 quarti e il “prenditi 5 minuti di tempo”. E il secondo, un vinile della EMI, con i tre giganti, Oistrakh, Rostropovich e Richter, alle prese con il Concerto Triplo di Beethoven e con il Doppio Concerto di Brahms. Solo incommensurabile sostanza di suono, di fraseggio e di profondità interpretativa, nessuna apparenza.

Mariia: Jefferson Airplane Takes Off by Jefferson Airplane or any Volume of Beethoven Sonatas Recording of my Professor Hisako Kawamura (her rendition of Appassionata is the best there’s out there). 

Qual è il libro che stai leggendo quest’estate?

Francesca: In questi giorni mi destreggio tra tre scelte che cerco di leggere alternandole: Il lavoro dell’attore su se stesso, di Konstantin Stanislavskij, i Demoni di Fëdor Dostoevskij e La consolazione della filosofia di Severino Boezio.
Mariia: I am finishing Yuval Noah Harari’s Brief History of Humankind, ukrainian fiction is next in line: Yurii Yanovskyi’s novel Master of the ship.