Potreste raccontarci come vi siete incontrati e com’è nata l’idea di formare il Quartetto Foné?
Il Quartetto Foné si è formato nel 1985 dall’incontro di quattro studenti dei Conservatori di Bologna e di Firenze, tra i quali Paolo Chiavacci e Marco Facchini, appassionati del repertorio quartettistico, affascinati dal mito del Quartetto Italiano e incoraggiati da Franco Rossi che all’epoca era docente di musica da camera al Conservatorio Cherubini di Firenze.
Dopo tanti anni di attività, nel 2011 il Quartetto Foné ha necessariamente intrapreso un percorso di rifondazione e rinnovo del repertorio, accogliendo la violista Chiara Foletto e il violoncellista Filippo Burchietti: discendenti dell’insegnamento cameristico della Scuola di Fiesole, con loro si riunisce idealmente la scuola di quartetto di Piero Farulli a quella di Franco Rossi.
Come si è evoluto il vostro rapporto durante questa lunga carriera e cosa cambia fra suonare in una formazione come la vostra e suonare in altre formazioni, o da solisti?
Non c’è dubbio che in più di trent’anni si impara a conoscersi davvero a fondo e si mettono a punto meccanismi di comprensione simili a quelli che si instaurano in un matrimonio. Quindi, insieme con un linguaggio comune (verrebbe da dire un lessico familiare) si crea una sensibilità, una linea interpretativa, un approccio ai diversi compositori che nel tempo diventa la caratteristica del gruppo. Il suonare da solisti o in formazioni diverse prescinde da questo portato di esperienza che permette di andare veramente al fondo delle composizioni che si decide di studiare: c’è capitato più volte di riprendere lo stesso pezzo a distanza di anni e davvero le possibilità di approfondimento, soprattutto con un repertorio come quello del Quartetto, sono infinite.
Il programma che porterete agli Amici della Musica di Firenze, con il violista Duccio Beluffi e la violoncellista Beatrice Pomarico, prevede lavori di Schumann e Brahms. Cosa vi affascina della scrittura cameristica di questi due compositori? Quali sono i criteri per cui decidete di assemblare i brani nei vostri programmi?
Il repertorio del quartetto è di per sé un ambito con il quale tutti i compositori si sono confrontati, raggiungendovi spesso l’apice della propria produzione; è anche da sempre il luogo della sperimentazione, dove si osa scrivere ciò che le consuetudini e la ricerca del gradimento spesso ci impediscono anche solo di pensare. In questo senso Schumann riveste un ruolo importantissimo, pur partendo da una chiara impronta mendelssohniana e con le spalle gravate dal fardello dell’immensità della scrittura degli ultimi quartetti di Beethoven; ci troviamo così di fronte a pagine intrise di lirismo e poesia che non rinunciano a tentativi di innovazione sperimentale. Ma ciò che ci affascina come esecutori in Schumann e Brahms è il senso di intimità, quasi di tenerezza che pervade alcune pagine (pensiamo al movimento lento del Primo Quartetto o al dialogo fra i vari strumenti nello sviluppo del primo movimento del Sestetto op. 18) che è veramente la cifra, anche umana, del microcosmo quartettistico: il suonare insieme assume un significato particolare, si tramuta nella ricerca di un sentire comune, di una sensibilità collettiva che è l’anima della musica da camera.
Il vostro repertorio è aperto da molti anni anche alla musica brasiliana (Alberto Nepomuceno, César Guerra-Peixe, Heitor Villa-Lobos, Chico Buarque, e altri ancora), sia solo strumentale, sia con la voce. Può spiegarci cosa vi attrae di questi autori e del mondo sonoro brasiliano?
Il contatto con la musica Brasiliana è stato stimolato dalla richiesta dell’Ambasciata Brasiliana a Roma di preparare un programma con compositori brasiliani. Siamo sempre stati aperti a repertori nuovi o poco “frequentati”, per cui ci siamo immersi in questo nuovo mondo sonoro con entusiasmo, scoprendo autori e composizioni davvero notevoli.
D’altra parte la ricerca di nuovi orizzonti musicali è nostro segno distintivo, come anche la riscoperta di autori e composizioni dimenticati. Nel 2015, infatti, in occasione del 150° anniversario di Firenze Capitale, abbiamo ritrovato ed eseguito i quartetti vincitori dei concorsi di composizione indetti dalla prima Società del Quartetto d’Italia (quella di Firenze, nel 1861!), custoditi nella biblioteca del Conservatorio Cherubini, Società del Quartetto che abbiamo rifondato.
Avete progetti in cantiere di cui vorrebbe raccontarci?
Stiamo proponendo alle società concertistiche un programma molto originale: si tratta di un percorso che si sviluppa all’interno del repertorio, quello più curioso e sorprendente, del quartetto d’archi alla scoperta del ritmo in tutte le sue accezioni. Il programma è composto da una serie di piccoli assaggi che spaziano dai ritmi dispari di Béla Bartók alle rielaborazioni world music di Giovanni Sollima, dagli spostamenti metrici di Robert Schuman e Beethoven ai sincopati di George Gershwin e Duke Ellington, dal sommo Bach delle variazioni Goldberg ai ritmi latini di Heitor Villa-Lobos e Astor Piazzolla. Per questo progetto il quartetto Foné ha anche commissionato ad alcuni compositori italiani di fama alcune trascrizioni o arrangiamenti di musiche di Nanni Svampa e Chick Corea.
Le esecuzioni vengono supportate da spiegazioni ed esempi, in tono colloquiale e con l’aiuto di supporti multimediali, dando vita a un rapporto con il pubblico diverso da quello al quale siamo normalmente abituati nelle sale da concerto.
(Intervista a Filippo Burchietti, violoncellista Quartetto Foné)
Per informazioni sul concerto del Quartetto Foné, cliccare qui.