Il programma che eseguirete a Firenze il 9 aprile può essere visto come un viaggio attraverso periodi e generi diversi, che parte da Bach e Haydn, passa da Ligeti, Piazzolla e Ginastera, per finire a Marcelo Zarvos e Chick Corea. Come avete composto questo programma?
È così. In realtà quando gli Amici della Musica di Firenze ci hanno chiamati per questo concerto, hanno chiesto un programma abbastanza classico. Però sappiamo che la natura del sassofono è anche jazz, pop… insomma, è uno strumento moderno. La scelta di suonare brani di musica barocca o classica per noi è sempre una sfida, dato è un repertorio molto lontano dal nostro strumento, che richiede anche un discorso filologico per quanto riguarda l’interpretazione. La musica che suoneremo nella seconda parte, invece, è un po’ più verso il filone jazz o minimal. Nella prima parte suoneremo un quartetto di Haydn: il suo è il quartetto per antonomasia.
Il programma che presenteremo è un viaggio che parte dal periodo barocco, con Bach. In realtà tutto il programma, se si analizza ogni pezzo, è dedicato alla trascrizione. Di Bach suoneremo il Concerto Italiano, che originariamente è stato composto per clavicembalo. Poi il Quartetto op. 33 n. 1 di Haydn. Anche il brano di Ligeti è una trascrizione, e con lui facciamo un salto abbastanza ampio. È un pezzo che fa parte dell’opera per pianoforte Musica Ricercata. Sono Sei bagatelle, originariamente trascritte per quintetto di fiati. Con questo brano si chiude la parte del programma dove presentiamo brani di musica classica “colta”, da barocco al classicismo, fino alla musica novecentesca. Nella seconda parte abbiamo Four for tango di Piazzolla: anche questo pezzo è stato originariamente scritto per il Kronos Quartet, quartetto d’archi americano. Il brano si differenzia dai più famosi (come Oblivion o Libertango…), perché è ancora più chiaro il connubio che Piazzolla fa della tradizione argentina del tango con la scrittura moderna che voleva portare in questa danza. È un brano pieno di effetti, originariamente scritti per gli archi: abbiamo riadattato i glissandi, pizzicati, slap, urla… è un pezzo che prevede l’impiego di una tecnica moderna, e ha una grande forza. Poi suoneremo le Danze argentine di Ginastera, originariamente scritte per pianoforte, che eseguiremo nell’arrangiamento per quartetto di sassofoni per la prima volta proprio a Firenze. Poi Marcelo Zarvos, compositore brasiliano contemporaneo attivo principalmente come autore di musica per film; è un compositore appartenente al filone minimalista europeo, ma con una forte tradizione folkloristica brasiliana che emerge nella sua musica. È un brano molto accattivante, molto ritmico, percussivo… dobbiamo suonare anche con i piedi!
Un ensemble di quattro sassofoni è un tipo di gruppo che, non avendo molta letteratura, deve spesso costruirsi il proprio repertorio. Per questo, dovete essere sia musicisti, ricercatori e, in alcuni casi, arrangiatori. Quali sono i criteri che seguite per scegliere i nuovi pezzi su cui lavorare?
C’è una letteratura originale per ensemble di sassofoni, ma il repertorio che stiamo costruendo noi prevede un grandissimo lavoro di ascolto. Esiste un repertorio originale per quartetto di sassofoni, e si tratta di bella musica, ma spesso è improponibile perché è scritta da compositori poco conosciuti. Quando, invece, in cartellone si leggono nomi come Bach, Haydn, il pubblico è maggiormente attratto dal concerto. Ascoltiamo musica di qualsiasi genere: da brani orchestrali, a quartetti d’archi o pezzi per pianoforte, e poi pensiamo a quale brano far rivivere con una nuova anima o un nuovo colore. Generalmente ci occupiamo noi della trascrizione dei pezzi per il nostro organico. Trascrivere un brano orchestrale, di solito, è un lavoro piuttosto complicato; ad esempio, quest’anno abbiamo suonato i Quadri da un’esposizione di Mussorgskij e abbiamo chiamato un bravissimo arrangiatore, Andreas Tarkmann. Tutti i brani che suoniamo in concerto devono prima di tutto emozionarci nell’ascolto della versione originale. Bisogna avere una “visione”, si deve già immaginare come suonerà il brano con i sassofoni.
A volte ci immaginiamo anche come potrebbe suonare con il nostro organico e altri strumenti. Ad esempio, adesso siamo in tournée con un bravissimo violoncellista, Alberto Casadei: quando la scrittura è abbastanza ricca, abbiamo bisogno del sostegno di un altro strumento. Quest’anno abbiamo suonato Sheherazade di Rimskij-Korsakov e la Rhapsody in Blue di Gershwin: entrambi sono brani che necessitano di una quinta persona. Un’altra sfida che proponiamo quest’anno alla Filarmonica di San Pietroburgo sono le Quattro stagioni di Vivaldi, con lo straordinario fisarmonicista Simone Zanchini, accostate alle Quattro stagioni di Piazzolla.
Il Signum Saxophone Quartet è stato fondato nel 2006. Può spiegarci come è cambiato il gruppo durante questi anni?
Sono cambiate le persone! Dal 2006 c’è solo Blaž Kemperle, il sopranista. Negli anni gli altri musicisti sono andati via e l’ultimo arrivato sono io. Nella formazione attuale suoniamo da due anni. Blaž e Alan hanno studiato insieme al Conservatorio di Ljubljana, in Slovenia. Loro si conoscono da circa diciotto anni.
Ci anticipa qualcosa sui vostri progetti futuri?
Oltre ai progetti con altri musicisti di cui ho parlato prima, il prossimo anno lavoreremo con il percussionista tedesco Alexej Gerassimez a un progetto dedicato ai pianeti. Ci saranno composizioni scritte apposta per questo progetto dal compositore John Psathas. Nel finale suoneremo anche dei brani tratti da The dark side of the moon dei Pink Floyd. Suoneremo anche come solisti con l’orchestra: ad esempio, un concerto di Philip Glass per quartetto di sassofoni e orchestra e un altro concerto di Bob Mintzer, che eseguiremo con l’Orchestra della WDR di Colonia.
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