Intervista a Samuele Telari

Qual è il primo ricordo della tua vita legato alla musica che ti viene in mente?

I pianti isterici nascosto dietro la gonna di mia madre perché non mi sentivo bravo. E subito dopo la felicità nel ricevere il primo applauso.

Come mai hai iniziato a suonare uno strumento musicale?

Puro caso. I miei genitori mi hanno iscritto a una scuola di musica per caso, e lì ho iniziato con la fisarmonica. Non l’avevo mai vista prima!

Quando hai capito che eri bravo in quello che stavi facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della tua vita?

Intorno ai 14 anni, quando ho iniziato a studiare musica classica in modo più approfondito. Per gli studenti di fisarmonica tendenzialmente questo è il passaggio fondamentale. Cambiare strumento significa, oltre che una spesa, studiare di più e un repertorio più complesso. Pochi anni più tardi, una volta finito il Liceo, ho realizzato che era la mia strada.

Ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto e cambiare direzione?

Tanti, e ci continuano a essere! Credo siano l’altra faccia di una medaglia tanto bella quanto tormentata. Dei musicisti spesso si invidia il fatto che si viaggia di continuo, che si fa quello che si ama, e che quindi viviamo una condizione felice. Lo è sicuramente in parte, ma lo studio che ti accompagna una vita, le incertezze sul futuro, l’insicurezza personale e i ritmi forsennati a cui spesso siamo sottoposti sono difficoltà con cui combattere ogni giorno, e a volte può capitare di sentirsi giù.

Qual è il momento più emozionante che ricordi della tua carriera musicale?

Sempre difficile sceglierne uno. Ci sono stati incontri con musicisti che, penso, mi abbiano cambiato molto: quello con il mio insegnante Massimiliano Pitocco, le masterclass con Yuri Shishkin e le belle sensazioni nel suonare in sale meravigliose, come la Wigmore Hall di Londra. In generale, però, ogni volta che penso che posso regalare un momento di svago e piacere a chiunque capiti di sentirmi, penso a quanto magico sia questo lavoro!

C’è un brano musicale a cui sei particolarmente legato? Vuoi dirci qual è e come mai?

Anche qui la scelta è molto difficile. Ce ne sono molti, e sono legati alle varie fasi di studio: da buon umbro non posso che pensare a Fancelli e alle sue meravigliose composizioni per fisarmonica. Le Variazioni Goldberg BWV 988 sono state l’argomento della mia tesi e un progetto a cui ho dedicato e dedico tutt’ora un’attenzione particolare. Ma anche la sconfinata letteratura dell’est di Solotarjow, Gubajdulina, Čajkovskij, Runchak, Zubitsky. Diciamo che sono amori che dipendono molto dai momenti.

Hai altre passioni oltre a suonare il tuo strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?

Mi piace leggere un po’ quando mi sento pronto! Cerco di fare un minimo di sport, vista anche la fisicità richiesta dal mio strumento.

Ascolti altri tipi di musica oltre a quella che suoni? Se sì, quali?

Probabilmente il genere che ascolto di più è il jazz. Mi piacciono molto anche i cantautori italiani di qualche generazione fa, così come l’hip-hop e anche il repertorio più etnico e popolare di vari paesi.

C’è un disco – di qualsiasi genere – che consiglieresti a tutti di ascoltare?

The Köln concert di Keith Jarrett.

Qual è il libro che leggerai quest’estate?

Dopo numerosi consigli e visto il mio amore per l’arte russa, credo proprio sarà Le notti bianche di Dostoevskij.