Le ultime tre Sonate di Beethoven fanno parte di quei capolavori che danno senso alla carriera di un interprete.
Nel 1819, la monumentale Sonata Hammerklavier op.106, che le precede, avrebbe potuto essere il trionfale compimento di un ciclo iniziato trent’anni prima, una sorta di diario musicale intimo di Beethoven. Tuttavia, due anni dopo, torna a questa forma con le op. 109, 110, e 111, opere completamente diverse nel contenuto e nella forma, ma anche ben distinte tra loro.
Spesso vengono eseguite separatamente, ma per me, nella loro continuità, lungi dall’oscurarsi a vicenda, esaltano le proprie bellezze e rivelano una parentela, come fossero tre sorelle. Non sarebbe possibile invertirne l’ordine.
Queste Sonate richiedono e allo stesso tempo donano… suonarle significa assumersi una responsabilità e provare gioia, e comprendo sempre meglio le parole di Beethoven: “La musica è una rivelazione più alta di qualsiasi saggezza e di qualsiasi filosofia”. E ancora: “Durch Leiden, Freude” (“Attraverso la sofferenza, la gioia”). Un messaggio beethoveniano essenziale.
Hanno una portata metafisica, in particolare nell’Arietta dell’op. 111, che va “dal sotterraneo allo stratosferico”, come afferma Brendel.
Non solo mi affascinano, ma sono per me nutrimento spirituale.
Quanto ha influenzato il suo ambiente familiare nella sua crescita come artista e interprete?
In casa nostra, i valori dello spirito erano prioritari. Vivevamo in una sorta di “grotta preistorica”, senza televisione, senza auto, senza elettrodomestici, senza frigorifero, e per lungo tempo senza radio né giradischi, perché mio padre temeva che la cattiva qualità del suono potesse danneggiare l’orecchio della sua figlia musicista!
Libri ovunque e un pianoforte. Nonostante ciò, conservo un bellissimo ricordo della mia infanzia, e il mio amore per la letteratura, lungi dallo sbiadire, continua a crescere. Essa è una fonte inesauribile di ispirazione.
Allo stesso modo, ho bisogno di rivedere regolarmente le opere di artisti come Leonardo, Botticelli, Vermeer, Van Gogh, Georges de La Tour, Manet… impossibile citarli tutti.
La recente mostra dedicata al Surrealismo, a Parigi, mi ha incantata.
Tutte le arti risuonano l’una con l’altra. “I profumi, i colori e i suoni si rispondono”, scrive Baudelaire.