Intervista a Les Brasseurs Quintet

Qual è il primo ricordo della tua vita legato alla musica che ti viene in mente?

Antonio Mascherpa: Ricordo un me bambino che suonava letteralmente ogni cosa che trovava in casa: pentole, bicchieri, coperchi, scatole…ogni oggetto che potesse essere percosso era un’occasione per scandire il ritmo delle mie canzoni preferite.
Sono poi arrivati i primi giocattoli musicali: tamburi vari, una fisarmonica e infine il flicorno soprano, il mio primo vero strumento.

Cosa ti ha spinto a iniziare a suonare uno strumento musicale?

Salvatore Continenza: Ho iniziato a suonare uno strumento musicale durante il periodo delle scuole medie ma quello che è stato probabilmente determinante è stato quando ho capito che questo lavoro mi avrebbe permesso di viaggiare, scoprire nuovi posti e conoscere persone in giro per il mondo. Inoltre l’emozione che si prova dopo un concerto è qualcosa di impagabile.

Quando hai capito che eri brav* in quello che stavi facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della tua vita?

Dario Tarozzo: Quando mi chiedevano da piccolo cosa volessi fare da grande rispondevo sempre “il Musicista”. Ho sempre solo pensato a far musica con tanta passione, divertendomi il più possibile. Quindi non ho una vera risposta a questa domanda, semplicemente la musica ha sempre fatto parte della mia vita e spero continui ad essere così per sempre.

Ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto e cambiare direzione?

Giovanni Campanardi: Certamente! Purtroppo nella vita di ogni persona ci sono alcuni specifici momenti di difficoltà, in cui si viene trasportati verso il riflettere su sé stessi, e su quello che si fa e che si vuole realizzare.  Per quanto mi riguarda: razionalizzando e vedendola in termini che trascendano le differenze tra teleonomia e teleologia, mi sono chiesto cosa volessi e potessi fare, e la risposta che mi sono dato e che ho appreso da persone e testi è che non bisogna per forza andare contro le proprie capacità, ma osservare ed accettare quali siano i propri limiti ed agire di conseguenza rispetto a quello che si vuole fare.
Dopo di questo, migliorarsi e cercare di accrescere le proprie capacità sono senza ombra di dubbio grandi obiettivi — tuttavia, a mio modesto parere, si deve sempre trattare il proprio “essere umani” con rispetto, e cercare di trascendere i propri limiti quando sia qualcosa che di per sé pone un rischio alla nostra salute psico-fisica si può definire un atto da autosabotatori. Questa è la filosofia che ho appreso dallo studio e da opinioni di musicisti, psicologi e persone anche esterne al mio ambito: l’ascolto e l’informazione razionali (e critici) di opinioni e testi estranei alla nostra comfort-zone possono essere strumenti fondamentali per la crescita!

Qual è il momento più emozionante che ricordi della tua carriera musicale?

Antonio Mascherpa: Un momento preciso è difficile da trovare. Come momento toccante porterò per sempre nel cuore la commozione che ho provato dopo l’ultima nota della Sinfonia n. 2 di G. Mahler che ho eseguito per la prima volta qualche mese fa.
Se parliamo invece di gioia intensa dico sicuramenteil momento in cui hanno annunciato il mio nome al termine del concorso al Teatro Regio di Torino.
Sono sicuro che in molti anni di carriera i momenti emozionanti saranno tantissimi e per me la sola sensazione che si prova davanti a una sala gremita al termine di un concerto impegnativo e ben eseguito è la più grande gioia che ci offre la nostra professione.

Ci raccontate come vi siete conosciuti? Cosa vi piace del suo modo di suonare degli altri musicisti del gruppo e come mai avete deciso di suonare insieme?

Dario Tarozzo: Provenendo tutti e cinque da tutti angoli d’Italia differenti i nostri incontri sono avvenuti nel corso nel tempo e in varie circostanze. Ci siamo incontrati in orchestra, nei vari percorsi di studi ed infine ci siamo conosciuti anche come concorrenti a concorsi internazionali. Un bellissimo giorno, che non scorderemo mai, ci fu proposta l’opportunità di formare un quintetto di giovani italiani emergenti per esibirsi al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Da lì, con grande entusiasmo, nacque il nostro gruppo.
La peculiarità che ci ha fatto innamorare del nostro progetto sono proprio le nostre diverse personalità umane e musicali, che ci permettono di esprimere ed esasperare al meglio ogni concetto musicale in tutte le sue sfaccettature. Amiamo fare musica in cinque e abbiamo sempre qualcosa da imparare l’un l’altro.

C’è un brano musicale a cui sei particolarmente legat*? Vuoi dirci qual è e come mai?

Salvatore Continenza: Sinceramente non ho un brano a cui sono legato maggiormente, credo che una parte interessante di questo lavoro sia la scoperta continua della bellezza della musica, a volte imposta dalle circostanze lavorative, a volte per piacere altre per caso. Nella mia quotidianità cerco di trovare sempre il mio prossimo brano preferito senza fossilizzarmi su uno in particolare.

Hai altre passioni oltre a suonare il tuo strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?

Giovanni Campanardi: Beh, ciclismo (dilettantesco), escursionismo, geopolitica ed informazione, letteratura, cucina, scacchi (soprattutto le aperture), studiare la storia e l’architettura dei posti che visito, filosofia (etica e matematica), statistica, e le feste!

Ascolti altri tipi di musica oltre a quella che suoni? Se sì, quali?

Jasmin Iris Ghera: Ascolto molto jazz, soprattutto Miles Davis, Chick Corea, Lee Morgan, Roy Hargrove, Wynton Marsalis e Ambrose Akinmusire. Mi piacciono anche altri generi come il funk, l’afrobeat, il reggae (i Groundation) anche la musica folk, in particolare i progetti di Bjarte Eike.

C’è un disco – di qualsiasi genere – che consiglieresti a tutti di ascoltare?

Jasmin Iris Ghera: Platée di Jean-Philippe Rameau, nell’incisione di Valentin Tournet con La Chapelle Harmonique + un bicchiere di vino.

Qual è il libro che stai leggendo quest’estate?

Giovanni Campanardi: F. Dostoevskij I fratelli Karamazov ed il LIMES di Luglio — se non sai cos’è, controlla: è interessante!