Intervista a Silvia Gira e Giorgio Trione Bartoli

Qual è il primo ricordo della tua vita legato alla musica che ti viene in mente?

Silvia Gira: Mi ricordo il mio primo giocattolo musicale, una tastiera/glockenspiel tutta colorata su cui si poteva suonare solo una scala di un’ottava di do maggiore. Ricordo ancora la mia frustrazione per la limitazione artistica!
Giorgio Trione Bartoli: Il mio primo ricordo è legato allo Schulze Pollmann di mia madre, che strimpellavo a 7 anni.

Cosa ti ha spinto a iniziare a suonare uno strumento musicale?

Silvia: I miei genitori mi hanno indirizzato alla musica quando avevo 4 anni, dandomi un violoncello che in realtà era una viola a cui era stato aggiunto un puntale in legno (perché non esisteva una misura di violoncello abbastanza piccola per me).
Giorgio: Da piccolo ero circondato dalla musica, e ascoltavo generi molto diversi tra loro. In particolare, i miei genitori amavano la musica classica e la facevano ascoltare spesso in casa. Inoltre, avevamo un pianoforte in salotto, e la sua presenza è stata determinante: è stato naturale avvicinarmi a quello strumento, più di qualsiasi altro.

Quando hai capito che eri brav* in quello che stavi facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della tua vita?

Silvia: Credo che sia stato intorno all’ottavo anno del corso di vecchio ordinamento in conservatorio che ho cominciato ad apprezzare davvero, in maniera meno scolastica e più artistica, il repertorio per violoncello. Suonare non era mai stato solo un hobby, ma penso che quello fu il periodo decisivo in cui ho realizzato che sarebbe stata la mia professione.
Giorgio: Iniziai a capire che il pianoforte fosse la mia strada verso i 13 anni, quando cominciai a vincere molti concorsi internazionali e a fare le mie prime esperienze concertistiche, sia come solista che con l’orchestra.

Ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto e cambiare direzione?

Silvia: I dubbi ci sono e credo che tutti, almeno una volta nella propria vita, ne abbiano avuti. Soprattutto se si è in contesti scolastico-artistici di poca ispirazione e sostegno. Ognuno ritrova la propria motivazione in diversi modi, per me è sempre stata la musica da camera e la condivisione con altri musicisti, a darmi forza e la giusta carica.
Giorgio: In realtà il mio amore per lo strumento e la motivazione per andare avanti non hanno mai vacillato. Tuttora adoro mettermi in gioco con progetti nuovi.

Qual è il momento più emozionante che ricordi della tua carriera musicale?

Silvia: Di momenti emozionanti da ricordare ce ne sono tanti e, spero, ce ne saranno molti altri. Ce n’è uno però, abbastanza recente, risalente all’anno scorso. È stata la prima volta che ho suonato al Concertgebouw, ad Amsterdam. È una delle sale da concerto più importanti, e potersi esibire lì penso sia il sogno di ogni musicista.
Giorgio: Quando suonai alla Fenice di Venezia. Un teatro magnifico, pieno di storia e ricordi emozionanti.

Ci raccontate come vi siete conosciuti? Cosa vi piace del suo modo di suonare dell’altro e come mai avete deciso di suonare insieme?

Silvia: Ho conosciuto Giorgio all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che entrambi abbiamo frequentato. Ricordo di averlo sentito suonare ad un concerto di classe e di aver pensato “voglio e devo assolutamente suonare con lui”. La sua incredibile sensibilità musicale e presenza scenica, senza contare la sua padronanza tecnica fuori dall’ordinario mi hanno colpito molto, e circa un anno e mezzo dopo gli ho finalmente proposto di formare un duo.
Giorgio: Ci siamo conosciuti a Roma, durante il nostro percorso all’Accademia di Santa Cecilia. La prima volta che abbiamo suonato insieme è stato in occasione del Trio di Beethoven op. 1 n. 3, e da subito si è creata un’intesa musicale naturale, spontanea, che ha colpito entrambi. Ci promettemmo, quel giorno, che prima o poi avremmo trovato il modo di collaborare ancora. E così è stato. Di Silvia mi ha subito colpito il suono: caldo, magnetico, capace di raccontare senza mai essere eccessivo. Ha un modo di suonare che arriva dritto al cuore, senza bisogno di spiegazioni. È una musicista profondamente sensibile, attenta, sempre pronta ad ascoltare l’altro e a costruire insieme. Il nostro amore condiviso per il repertorio russo è stato sicuramente un punto di incontro importante: ci ha permesso di entrare ancora più in sintonia, di lavorare con passione e dedizione su progetti che sentiamo davvero nostri.

C’è un brano musicale a cui sei particolarmente legat*? Vuoi dirci qual è e come mai?

Silvia: Sono molto legata a Prayer di Ernst Bloch. È un movimento tratto dal suo lavoro intitolato From Jewish Life. È un brano molto intenso ed emozionante che, in un modo o nell’altro, riesce sempre ad arrivare al cuore di tutti.
Giorgio: I 10 pezzi dal Romeo e Giulietta di Prokof’ev sono brani che ho nel cuore e che mi emozionano ogni volta che li ascolto o li suono. Sono estremamente descrittivi e trasmettono la tragicità dell’opera shakespeariana.

Hai altre passioni oltre a suonare il tuo strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?

Silvia: Mi piace molto dipingere e dedicarmi a grafica e altre arti plastiche.
Giorgio: Oltre alla musica ho una grande passione per le moto sportive e per l’informatica.

Ascolti altri tipi di musica oltre a quella che suoni? Se sì, quali?

Silvia: Ascolto molto jazz, lo adoro! Riesce sempre a mettermi di buonumore. In alternativa, ascolto volentieri anche la musica leggera degli anni ‘80.
Giorgio: Adoro il jazz, per lo più quello degli anni ’50 e ’60.

C’è un disco – di qualsiasi genere – che consiglieresti a tutti di ascoltare?

Giorgio: Consiglierei di ascoltare My Favourite Things di Stephen Hough.

Qual è il libro che stai leggendo quest’estate?

Silvia: Quest’estate sto rileggendo Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach. La prima volta che lo lessi, fu di grande ispirazione ed è interessante approcciarlo di nuovo con occhi e mente diversi.
Giorgio: Il Maestro e Margherita di Bulgakov.