Presenterà con La Lira di Orfeo un programma interamente dedicato a Vivaldi, con Cantate intervallate da brani strumentali.
Di Vivaldi quello che mi affascina in particolare è la scrittura per la voce, fin da quando ero piccolo è stato per me uno degli autori preferiti e forse uno dei motivi per cui ho iniziato a studiare il repertorio Barocco. Mi piace la sua ingenuità, la sua semplicità, ma anche la capacità di arrivare in profondità alle emozioni con mezzi apparentemente minimi, limitati, o comunque non particolarmente sofisticati. Le sue armonie sono sempre limpide, le sue melodie ancora di più. Quando propone il suo linguaggio alla voce lo fa sempre con una certa cura per mettere in luce il virtuosismo dell’interprete, come avviene anche nel repertorio cameristico che proporrò in concerto. Si tratta di un repertorio che sembra minore o apparentemente meno brillante delle composizioni per il teatro d’opera, ma in realtà, anche in queste specifiche Cantate per alto, Vivaldi fa grande sfoggio delle capacità tecniche del cantante e soprattutto di tenuta rispetto alle parti più complesse, come i grandi melismi, le arie di furore, i momenti più patetici. Un grande caleidoscopio di emozioni perfettamente raccolte e declinate secondo la sua sensibilità.
La Lira di Orfeo è un ensemble barocco che ha fondato nel 2015.
De La lira di Orfeo mi piace dire che è un ensemble dove tutti i musicisti cantano, o comunque imparano a cantare, perché penso che sia fondamentale per un’orchestra di oggi sentirsi quasi più come un coro che come dei semplici strumenti. Non voglio sembrare sprezzante nei confronti di chi suona uno strumento, ma per gli antichi la preminenza della voce rispetto a eseguire una musica sullo strumento era fondamentale anche per chi era strumentista, cioè chi era strumentista imparava la propria musicalità dalla vocalità. In questo senso il gruppo di musicisti sceltissimi che ha collaborato con noi questi anni impara da questa sensibilità vocale, dalla capacità di interpretare un recitativo o un’aria, a partire profondamente dal significato delle parole del suo testo. È qualcosa che non può che giovare a un’orchestra, e vorrei che fosse la ricchezza che noi andiamo a portare nella compagine più grande, non solo degli ensemble barocchi in Europa, ma anche proprio nei gruppi orchestrali.
C’è un’opera o un ruolo che non ha ancora avuto l’opportunità di interpretare, ma che sogna di cantare in futuro?
Fra le opere che desidererei interpretare in futuro ce ne sono ancora diverse di Händel o di Vivaldi che mi piacerebbe portare in scena. Sicuramente Orlando è uno dei personaggi che conosco molto bene ma che non ho ancora avuto modo di interpretare e che probabilmente sarà oggetto di un futuro progetto della Lira. Ma anche Ariodante sarebbe sicuramente bellissima. E poi, tra i desiderata, il Tancredi di Rossini.