Il programma che eseguirà a Firenze mette insieme lavori di Bach e Bartók. Come l’ha ideato?
È molto semplice. Bach e Bartók sono stati i compositori più influenti del loro tempo. Hanno molte cose in comune. Il modo in cui trattano il materiale musicale è così intelligente e meravigliosamente complesso che si combinano molto bene l’uno con l’altro. Hanno risposto alle stesse domande in maniera radicalmente diversa, e metterli insieme nello stesso concerto può portare a risultati molto interessanti, anzi direi sorprendenti. Da un lato, Bach è stato il compositore più importante del periodo barocco, dall’altro io ho antenati ungheresi e ho anche un passaporto ungherese, e spero di aver compreso bene entrambi i compositori. Inoltre, Bach e Bartók hanno scritto brani solistici per gli strumenti che suono; dunque, ci sono state molte ragioni per presentarli insieme nello stesso concerto.
Sul palco suona due strumenti: il violino e il violoncello da spalla.
Suonerò due strumenti ma, di fatto, suonerò brani originariamente composti per quattro strumenti diversi. Inizierò con un pezzo da Mikrokosmos, il meraviglioso ciclo di Bartók per pianoforte. Il brano si intitola Unisono e lo suonerò con il violoncello da spalla usando tutte le sue diverse tecniche, che sono altre rispetto a quelle della Sonata di Bartók per violino solo. L’ho pensato come una sorta di antipasto prima dell’esecuzione della Sonata di Bartók, che chiude il programma. A metà del concerto, suonerò uno dei brani musicali più famosi di sempre, la Toccata e fuga in re minore, scritta da Bach per organo. La leggenda vuole che questa potrebbe essere stata, originariamente, una composizione per violino. Se si osserva il tema della Fuga, si può interpretare come un brano violinistico da suonare su due corde. È molto interessante suonare questo grandioso pezzo per organo con un violino, che ha una palette timbrica molto ampia e differente.
Uno degli obiettivi degli Amici della Musica di Firenze è quello di avvicinare nuovi spettatori, soprattutto giovani, alla musica da camera. In base alla sua esperienza, quali potrebbero essere i modi per raggiungere, anche solo in parte, questo obiettivo?
È veramente molto difficile perché il tipo di repertorio è molto complesso e taglia fuori persone che sono abituate a proposte musicali più semplici dal punto di vista armonico, ritmico, melodico, strutturale… E non ci trovo niente di male, tutti noi tendiamo a cercare le soluzioni più semplici. Personalmente, non ho problemi col fatto che il pubblico dei miei concerti abbia un’età media abbastanza elevata, perché la medicina sta migliorando e il nostro target di pubblico sta aumentando. Le persone che da giovani amano la musica pop, elettronica, ad alto volume, “semplice”, potrebbero trovare il desiderio di ascoltare cose più complesse e appaganti quando raggiungono un’età più matura. Dobbiamo comunque convincere i giovani che vale la pena ascoltare questo repertorio più complesso. Da parte mia, cerco di essere il più convincente possibile in quello che faccio e di risvegliare l’interesse in tutti gli ascoltatori, che siano vecchi, giovani e anche bambini.
Foto © Julia Wesely