Intervista a Ettore Pagano e Guido Orso Maria Coppin

Qual è il primo ricordo della tua vita legato alla musica che vi viene in mente?

Ettore: Ho avuto un’infanzia molto stimolante sotto questo punto di vista, sono sempre vissuto nella musica, grazie ai miei genitori e soprattutto a mia mamma pianista. Per quel che mi riguarda sono cresciuto insieme alla musica che si respirava in famiglia. Non sono un musicista precoce, poiché ho iniziato il violoncello solo all’età di nove anni ma, nonostante ciò, i miei primi ricordi sono legati alla mia infanzia quando con mia sorella ci divertivamo a cantare e giocare sugli strumenti di casa (violoncello, violino, pianoforte, ecc.) e a sperimentare tutte le loro timbriche. Questi sono momenti speciali, che si portano con sé per tutta la vita.

Guido: Mi sembra d’esserci nato, dentro la musica. Tutti i suoni per me erano musica. Mi raccontano che mi divertivo a riprodurre tutti i rumori e che ho cominciato a cantare prima ancora di parlare. Mi ricordo che all’asilo scrivevo e leggevo le note prima delle lettere dell’alfabeto e giravo per le aule con una tastiera di cartone che mi ero disegnato e costruito da solo.

Cosa vi ha spinti a iniziare a suonare uno strumento musicale?

Ettore: L’ambiente in cui ho vissuto ha fatto sicuramente la sua parte. Mio fratello maggiore suonava il violoncello, ma smise quando io avevo pochissimi anni. Più crescevo, più aumentava l’interesse per questa arte meravigliosa, quale la musica, e scelsi il violoncello proprio per il suo fascino, la sua timbrica e i suoi registri caldi e avvolgenti.

Guido: Sono stato folgorato sulla via di Salisburgo, nel museo dedicato a Mozart. Non avevo ancora quattro anni e sono rimasto tre ore attaccato all’audioguida. Quando sono uscito dalla Wohnhaus ho comunicato, tutto serio e dall’alto del mio metro scarso di statura, la decisione: “Da grande voglio fare Mozart”.

Quando avete capito che eravate bravi in quello che stavate facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della vostra vita?

Ettore: Sicuramente i riconoscimenti di premi e concorsi danno tanto a livello psicologico a un musicista. Dal mio personale punto di vista, la predisposizione, il talento per la musica, si nota fin da subito in un ragazzo, ma è anche vero che nel miglioramento quotidiano ci vuole tanta volontà e forza di carattere. Il talento non è nulla senza la testa, senza la volontà di migliorare e fare sempre quel passo in più rispetto a sé stessi.

Guido: Io in realtà non l’ho ancora capito del tutto: mi sembra sempre di poter fare di più. I primi sospetti però mi sono venuti quando a sei anni sono entrato in Conservatorio e un
Maestro ha comunicato ai miei che avevo l’orecchio assoluto. Mio padre allora chiese se questo potesse farmi diventare un musicista. E il Maestro, con un sorriso, rispose: “Ma Guido musicista lo è di già”.

Ci sono stati dei momenti in cui avreste voluto mollare tutto e cambiare direzione?

Ettore: No, da quando ho iniziato, non ho mai avuto ripensamenti e debolezze. Certo è che nel proprio percorso si affrontano sicuramente momenti molto difficili da superare, per cui il proprio istinto suggerirebbe di mollare tutto. Ma è in questi momenti che deve uscire la propria forza mentale, il razionalismo di fronte all’apparente insensatezza.

Guido: Sì, capita. L’ultima volta quest’inverno, durante il lockdown.

Qual è il momento più emozionante che ricordate della vostra carriera musicale?

Ettore: Sono un ragazzo che ha ancora tanto da dimostrare, per cui guardo poco al passato, ma in definitiva direi il momento in cui a sedici anni raggiunsi per la prima volta la finale di un concorso di calibro mondiale come lo “Janigro”. È stato per me un punto di svolta, per tutta l’esperienza che ho accumulato in quel breve periodo.

Guido: La tournée in Messico, a dieci anni appena compiuti: il centro di Monterrey e di Oaxaca tappezzato dai manifesti con la mia faccia, le interviste in tv e due recital in due grandi teatri strapieni.

Ci raccontate come vi siete conosciuti? Cosa vi piace del suo modo di suonare dell’altro e come mai avete deciso di collaborare?

Ettore: Ci siamo conosciuti durante una masterclass a Bassano del Grappa. Ho sempre reputato Guido un mio buon amico, nonostante i radi contatti che abbiamo, e condivido molto le sue idee musicali.

Guido: Quattro anni fa a Bassano del Grappa, per una masterclass. E mi ha colpito la sua grande musicalità e la sua creatività sorprendente. Quando ci si sente in sintonia la voglia di suonare insieme nasce subito.

C’è un brano musicale a cui siete particolarmente legati? Volete dirci qual è e come mai?

Ettore: In generale sono molto legato alla musica di Šostakovič, sento che è un compositore estremamente compatibile con le mie idee interpretative. Di lui amo molto i due concerti per violoncello e orchestra, in particolare il primo, a cui sono molto legato perché è stata l’opera che ha segnato la mia prima esecuzione con orchestra, come solista.

Guido: È il Requiem di Mozart. A sette anni ho avuto la fortuna di cantarlo più volte con il coro e l’orchestra del Conservatorio, anche nel Duomo di Milano. Ero il più piccolo di tutti e alla fine della prima esibizione in Sala Verdi il Direttore Donato Renzetti mi ha sollevato sopra la sua testa. Lassù in alto a prendere gli applausi mi pareva che il cuore per l’emozione mi saltasse fuori dal golfino. In quel periodo cantavo Lacrimosa dovunque e sempre, anche nel sonno.

Avete altre passioni oltre a suonare il vostro strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?

Ettore: Ho avuto svariati hobby nel corso degli anni, tra i quali rientrano in maniera più importante i cubi di Rubik e gli scacchi.

Guido: Gioco a scacchi, sono appassionato di fluidodinamica e del lato ingegneristico della Formula 1 e delle auto da corsa in generale e mi piace giocare ai videogiochi.

Ascoltate altri tipi di musica oltre a quella che suonate? Se sì, quali?

Ettore: Non ascolto mai la musica come sottofondo di attività quotidiane, non ci riesco. Ascoltare musica per me è un forte impegno mentale per cui il mio ascolto è concentrato e spesso finalizzato a interessi musicali che di volta in volta sono stimolati dal repertorio su cui sto lavorando. Per esempio, se sto studiando un autore tendo ad allargare la mia conoscenza con altre sue opere. Per quanto riguarda gli altri generi in casa si suona jazz, rock e autori italiani grazie a mio padre, per cui ascolto spesso musica non classica.

Guido: Ascolto un po’ di tutto, in questo periodo sto ascoltando molto Eminem e Ybn Leo.

C’è un disco – di qualsiasi genere – che consigliereste a tutti di ascoltare?

Ettore: Rispondo con una boutade: spero di poter fare qualche esecuzione importante un giorno e poter dire a tutti: il mio.

Guido: Il concerto per pianoforte e orchestra n. 5 di Beethoven eseguito da Arturo Benedetti Michelangeli e i Wiener Symphoniker diretti da Carlo Maria Giulini.

Qual è il libro che leggerete quest’estate?

Ettore: Innanzitutto i libri di storia della musica per gli esami di Conservatorio, poi mi posso dedicare a letture come “Violoncello, storia della tecnica e pratica dell’interpretazione” di Valerie Walden, e anche “Al di là del bene e del male” di Nietzsche.

Guido: “Le otto montagne” di Paolo Cognetti.