[concerto streaming] ACCADEMIA BIZANTINA – OTTAVIO DANTONE, direttore al clavicembalo – VIKTORIA MULLOVA, violino

Registrazione del concerto del 12 ottobre 2013 al Teatro della Pergola.
Archivio sonoro degli Amici della Musica di Firenze

Programma
J.S. BACH (1685-1750): Concerto per violino e archi in la minore BWV 1041
J.S. BACH: Concerto per clavicembalo, violino e archi in do minore (trascrizione di O. Dantone dal Concerto per due clavicembali e archi BWV 1060)
J.S. BACH: Concerto per violino e archi in re maggiore (trascrizione di O. Dantone dal Concerto per clavicembalo e archi BWV 1053)
J.S. BACH: Concerto per violino e archi in mi maggiore BWV 1042

Note di sala del concerto del 12 ottobre 2013
(dall’archivio storico degli Amici della Musica di Firenze)

Bach e la trascrizione
Fin dalla fine del XVI secolo musicisti e teorici perfezionarono un sistema di codici espressivi e compositori che contribuirono a diffondere un linguaggio condiviso. Era prassi comune di adattare partiture musicali agli esecutori e agli strumenti disponibili nelle varie circostanze.

La musica di Bach si presta particolarmente bene a questi adattamenti: le sue opere sono così perfette dal punto di vista della struttura e della concezione da trascendere il parametro del suono e del timbro. Molte di esse possono essere eseguite su ogni strumento senza alternarne il proprio intrinseco valore. Bach come è noto era solito riutilizzare la propria musica in differenti combinazioni di organici strumentali e anche vocali.

Viktoria ed io ci siamo trovati concordi nel ritenere interessante mettere a fuoco questa prassi della trascrizione, accostando due concerti originali – BWV 1041 e BWV 1042 – a due composizioni oggetto di una nostra recente trascrizione. La nostra scelta è caduta sul Concerto BWV 1053, scritto per clavicembalo in mi maggiore, ma riutilizzato da Bach stesso in due Cantate, e concepito probabilmente in origine per oboe d’amore. Ho subito pensato di trasporlo in re maggiore, non solo perché questa tonalità più brillante di adatta meglio al violino, ma anche perché la sorprendente Siciliana centrale presenta una splendida melodia che si adatta perfettamente a questo strumento.

A Viktoria e a me, avendo spesso eseguito le Sonate per violino e clavicembalo, faceva piacere trovare una composizione che avremmo potuto suonare con orchestra. Un concerto si adattava particolarmente bene a questa idea, il BWV 1060. La versione originale è per due clavicembali e archi, sebbene Bach lo avesse inizialmente scritto per due violini o per violino e oboe. A me sembra che questa nuova versione funzioni molto bene, arricchendo la composizione con una gamma di nuovi colori.

Il punto essenziale qui non è solo la realtà della esecuzione, ma anche il sottolineare un concetto estetico: il rigore della forma e il linguaggio musicale, uniti alla brillantezza dell’invenzione esecutiva, erano componenti ben presenti nel XVIII secolo. Una volta capito esattamente in che modo e perché queste forme espressive si realizzano, l’intero periodo acquista magicamente vita.

Ottavio Dantone

Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Concerto per violino e archi in la minore, BWV 1041
Concerto per violino e archi in mi maggiore, BWV 1042

La parte più significativa della produzione strumentale d’insieme di J.S. Bach si riferisce al periodo – tra il 1717 e il 1723 – in cui il musicista ricoprì l’incarico di responsabile della vita musicale alla corte del principe di Köthen. Purtroppo solo una parte di queste partiture sono giunte fino a noi, per lo meno nella loro forma originale, anche se ciò che resta – a cominciare da quel formidabile caposaldo della musica d’insieme barocca che è il ciclo dei sei Concerti Brandeburghesi – ci dà la misura della qualità della produzione in questo momento della sua attività. Tra i musicisti attivi nella cappella di corte spiccano i violinisti Joseph Spiess e Martin Friedrich Marcus, ed è facile immaginare destinato a loro il Concerto per due violini e archi in re minore: questo per due violini, infatti, e i due Concerti per violino e archi – quello in la minore BWV 1041 e quello in mi maggiore BWV 1042, eseguiti, rispettivamente, in apertura e in chiusura del programma odierno – sono le sole partiture originali nella forma del concerto solistico di questi anni così fecondi che sono giunte fino a noi: di molti altri concerti conosciamo tuttavia versioni successivamente rielaborate e adattate per differenti organici strumentali.

I concerti di Bach – e in modo del tutto particolare i due “gemelli” per violino e archi – rappresentano un omaggio a quanto mai esplicito allo stile italiano: è noto infatti che nell’Europa musicale del tempo di Bach la definizione degli stili nazionali – francese, italiano e, in termini meno netti, tedesco – era un elemento assai ben connotato, e ciascuno dei tre rappresentato da quella che potremmo considerare la “forma principe”: per i primi due, rispettivamente, la suite e il concerto. E nel caso dei due concerti per violino il punto di riferimento più preciso è Antonio Vivaldi, la cui opera nel genere del concerto Bach ben conosceva e della quale ha anche realizzato varie trascrizioni per tastiera.

Da questo riferimento stilistico, dunque, deriva la perfetta simmetria tra “tutti” e “solo” che caratterizza il primo movimento del Concerto in la minore, BWV 1041, così come di gusto tutto italiano è l’ampia e sinuosa melodia svolta dal solista nel movimento centrale, “Andante”, sostenuta da un ostinato ritmico al basso che percorre la pagina nella sua interezza. Il gioco dialettico dell’alternanza tra gruppo orchestrale e solista torna di nuovo nell’ultimo movimento, “Allegro assai”, nella misura di 9/8 e nel festoso andamento di giga, con un “tutti” conclusivo che riprende simmetricamente, come di regola, la stessa sezione presentata in apertura.

Di respiro e proporzioni più ampi risulta il Concerto in mi maggiore, BWV 1042: già il “tutti” iniziale si presenta più articolato e compiuto dal punto di vista melodico. Il primo intervento del solista riprende l’incipit melodico dell’orchestra, incipit che costituirà poi una sorta di leit-motiv nell’alternanza, qui meno simmetrica e più articolata rispetto al Concerto in la minore, tra “tutti” e “solo”. Prima della consueta riesposizione conclusiva, il dialogo si arricchisce con una breve cadenza del violino solista, in tempo “Adagio”. Il secondo movimento, un malinconico “Adagio” in do diesis minore, torna esplicitamente a un modello vivaldiano, con due frasi dell’orchestra simmetricamente poste all’inizio e alla fine, concepite dunque come cornice alle ampie volute melodiche del violino sopra un ostinato ritmico del basso. La misura di 3/8, e quindi un vivace andamento di danza, caratterizza infine il conciso movimento conclusivo, “Allegro assai”, che lascia spazio al solista per veloci, virtuosistiche figurazioni.

Francesco Dilaghi

Immagine del programma di sala del 12 ottobre 2013 al Teatro della Pergola

 

[ph. Juzzolo]