Intervista a Gianluca Montaruli

Qual è il primo ricordo della tua vita legato alla musica che ti viene in mente?

Vengo da una famiglia di musicisti, il primo ricordo musicale che ho forse risale a quando da piccolo, correndo e giocando in casa, rimanevo quasi incantato dai suoni che provenivano dal salotto, dove i miei genitori provavano. Poi quando mio padre, anche lui violoncellista, apriva la custodia per prendere lo strumento, per me era un momento di estrema magia.

Come mai hai iniziato a suonare uno strumento musicale?

Sono sempre stato circondato dalla musica, per me è stato quasi istintivo scegliere di studiare uno strumento. Come già detto, tutti a casa parlavano questa lingua meravigliosa che è la musica, mi affascinava l’idea di avere un giorno la capacità di poter esprimere me stesso attraverso un suono. Se pur iniziato come un gioco, inconsciamente sapevo che la musica avrebbe fatto sempre parte della mia vita.

Quando hai capito che eri bravo in quello che stavi facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della tua vita?

Raggiungere degli obbiettivi è un feedback importante per ogni musicista, e quando si susseguono vuol dire che tutti i sacrifici che si fanno hanno un senso. I primi concorsi vinti hanno sicuramente contribuito a farmi comprendere che quella era la mia strada, ma la vera svolta fu quando, all’età di 16 anni, cominciai a studiare con Luigi Piovano: non smetterò mai di ringraziarlo per avermi insegnato una cosa fondamentale in quella fascia d’età, la disciplina!

Ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto e cambiare direzione?

Nel nostro mondo dobbiamo sempre fare i conti con delusioni, stress, sacrifici… Penso sia normale avere dei momenti “no”, anche io ne ho avuti e continuerò ad averne, ma l’importante è proseguire dritti per la propria strada. Prima o poi tutti i sacrifici verranno ricompensati!

Qual è il momento più emozionante che ricordi della tua carriera musicale?

Tra i tanti ricordi musicali è davvero complicato scegliere. Una delle esperienze più belle che ricordo è legata a Giovanni Sollima, quando l’anno scorso condivisi il palco del Koepel di Amsterdam della Nederlands Philharmonic Orchestra con lui e Ludovica Rana nell’esecuzione di “Violoncelles, vibrez!”. Anche quando Sollima non ha il violoncello tra le mani (in questo caso in veste di direttore) non smetti mai di imparare.

C’è un brano musicale a cui sei particolarmente legato? Vuoi dirci qual è e come mai?

Veramente difficile rispondere, non basterebbe una pagina intera per elencare i brani a cui sono affezionato, penso alle Sinfonie di Beethoven o Mahler, sempre di Beethoven i Quartetti dall’opera 127 alla 135, di Brahms il Trio per pianoforte op. 8, oppure di Stravinskij la Sagra della Primavera o L’uccello di fuoco, etc… C’è un pezzo per ogni momento e stato d’animo, limitarsi ad un solo pezzo mi è impossibile.

Ci racconti come vi siete conosciuti con Alberto Dalgo? Cosa ti piace del suo modo di suonare e come mai avete scelto di formare un duo?

Ho conosciuto Alberto nel 2018 grazie all’Accademia dei Cameristi di Bari, subito dopo insieme al violinista Federico Piccotti abbiamo deciso di formare un trio stabile, “Hopper piano trio”. Quest’anno abbiamo avuto il nostro debutto discografico con l’etichetta Da Vinci Classics.
La cosa incredibile di Alberto è proprio la sua sensibilità musicale, oltre che essere un pianista formidabile, strumentalmente parlando. Abbiamo una forte sintonia, fondamentale per la musica da camera.

Hai altre passioni oltre a suonare il tuo strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?

Ho una passione molto forte per la fotografia, porto la fotocamera sempre con me nei miei viaggi per immortalare tutto quello che per me è speciale. La musica e la fotografia sono due arti molto simili!

Ascolti altri tipi di musica oltre a quella che suoni? Se sì, quali?

Sì, ascolto un po’ di tutto in realtà, soprattutto il jazz!

C’è un disco – di qualsiasi genere – che consiglieresti a tutti di ascoltare?

Un cd che ho riascoltato mille volte e che consiglio a tutti, soprattutto per i giovani violoncellisti, è quello di Anner Bijlsma, 6 suites a violoncello solo senza basso di J.S. Bach dell’etichetta RCA (1992).

Qual è il libro che leggerai quest’estate?

Il libro delle domande di Pablo Neruda