Intervista al Trio Kanon

Qual è il primo ricordo della tua vita legato alla musica che ti viene in mente?

Lena: Il mio ricordo più forte è legato all’opera. Ogni giorno all’ora della merenda mio padre abitualmente metteva una videocassetta di un’opera lirica. Le mie preferite erano nell’ordine “Turandot” di Puccini, “La Traviata” di Verdi e “Carmen” di Bizet. Ovviamente non capivo niente di quello che stavano cantando, non potevo ancora leggere i sottotitoli, ma mi divertivo ad immaginare la trama guardando la scenografia e ascoltando la musica!
Alessandro: Dirò una banalità da romanticone ma è proprio il mio primo carillon da bambino: ricordo benissimo il suo motivetto, i suoi colori ed il ticchettio della catenina da tirare per farlo suonare.
Diego: Ricordo un concerto nella Cattedrale di Cremona in cui veniva eseguito il Magnificat di Bach. Io ero abbastanza piccolo, forse 8 o 9 anni e mio padre era tenore nel Coro Polifonico diretto da Don Dante Caifa, maestro anche del coro delle voci bianche in cui cantavo. Rimasi affascinato da quella musica e naturalmente mi divertivo a osservare il direttore e tutti gli strumentisti dell’orchestra.

Come mai hai iniziato a suonare uno strumento musicale?

Lena: I miei genitori erano entrambi violinisti. Mio padre faceva l’insegnante di violino e il direttore, invece mia madre era violinista solista e camerista. Quando avevo circa tre anni mi avevano regalato un minuscolo violino, mi mettevo a giocare facendo finta di essere una professionista sbattendo l’arco sul violino e mia madre mi accompagnava al pianoforte. Un giorno mio padre mi chiese se avessi voluto cominciare a studiare seriamente il violino e la scelta di rispondere “sì” a quella domanda mi sembrava quasi dovuta. Forse per me il violino non era qualcosa di così speciale in quel momento, lo è diventato più tardi col tempo. La musica è una cosa che faceva già parte della mia vita da quando sono nata.
Alessandro: Mio papà è pianista e mi racconta spesso che, ancora neonato, gattonando lo raggiungevo in salotto e mi arrampicavo sul divano per ascoltare le prove di musica da camera del suo ensemble. Assecondando questo mio interesse mi ha portato in una scuola di musica all’età di 3 anni ed ho iniziato con un corso di ritmica e gioco per bambini. Quando è arrivato il momento per ognuno degli iscritti di scegliere il proprio strumento ero indeciso tra violino e violoncello e mio papà mi ha convinto per quest’ultimo.
Diego: I miei genitori non sono musicisti, ma la musica non era cosa estranea alla mia famiglia: mio padre cantava nel coro per passione e cari amici di famiglia, vicini di casa, hanno due figli più grandi di me, Cristina e Antonio, che ho sempre considerato come dei cugini e all’epoca studiavano l’una il violoncello e l’altro il pianoforte.
Ho seguito un po’ le loro orme, mia madre insistette per il pianoforte e così mi iscrisse alla Scuola Civica Monteverdi di Cremona.

Quando hai capito che eri bravo in quello che stavi facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della tua vita?

Lena: Ho avuto subito facilità con lo strumento: mi agitavo abbastanza prima di un concerto ma allo stesso tempo mi godevo la soddisfazione di un’esecuzione ben riuscita. Con lo studio del violino all’inizio pensavo soprattutto di soddisfare i miei genitori, invece piano piano la musica è diventata la mia vera passione. Nel momento in cui dovetti scegliere la mia strada, alla fine del liceo, ho deciso di venire in Italia per perfezionarmi in un Conservatorio. Cambiare paese a 19 anni è stata un’avventura; l’ho fatto perché sentivo che per diventare una musicista mi serviva un’esperienza in Europa, dove è nata la musica classica. Ho scelto l’Italia perché è un paese in cui anche mia madre era vissuta e aveva studiato da giovane e anch’io avevo potuto visitare da piccola.
Da quando ho preso la decisione di trasferirmi qui, non ho più avuto nessun dubbio su quale fosse la mia strada, la preoccupazione di poter fallire c’è sempre stata ma mi sono impegnata a concentrarmi sullo studio e ho cercato di avere sempre fiducia in me stessa.
Alessandro: Durante gli anni al liceo musicale del Conservatorio di Torino. Nei primi anni di Conservatorio, quando ero ancora un ragazzino ho attraversato un momento di “crisi” durante il quale non avevo stimoli e stavo accarezzando l’idea di cambiare strada. Iniziato il liceo avevo finalmente attorno a me, nella vita di tutti i giorni, compagni di classe che, come me, avevano intrapreso la strada della musica, che affrontavano gli stessi sacrifici che questa strada impone ma che condividevano anche la bellezza di questo percorso: improvvisamente ricevevo una grande quantità di stimoli ed ho iniziato a suonare musica da camera in duo con un mio compagno pianista. In quel momento ho capito che il violoncello e la musica da camera avrebbero sempre fatto parte della mia vita.
Diego: L’ho capito abbastanza tardi, negli ultimi anni del Liceo Classico. Suonavo il piano considerandolo a tutti gli affetti un hobby e non pensando minimamente di diventare un musicista.
Fu importante, ancora una volta, l’avvicinamento al canto, in particolare il canto in coro.
Antonio aveva intrapreso la strada del maestro di coro, fondando il Coro Costanzo Porta, un complesso veramente valido e ora conosciuto soprattutto nel repertorio antico e io iniziai a cantare nel gruppo, affrontando opere anche complesse come le messe di Monteverdi o la Johannes Passion di Bach.
Lì mi appassionai veramente, in particolare, alla musica di Bach e cominciai a capire come affrontare meglio le Suite e i Preludi che stavo parallelamente studiando al pianoforte.
Poi l’esame di ottavo anno, che preparai da privatista, andò inaspettatamente bene e a quel punto decisi che era importante finire al meglio il percorso musicale che avevo intrapreso. Ebbi la fortuna di conoscere Maria Grazia Bellocchio e iniziai a studiare con lei per preparare il diploma presso l’Istituto Donizetti di Bergamo.

Ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto e cambiare direzione?

Lena: Sì, tra i tredici e i quattordici anni ho pensato spesso di smettere col violino. Quando ho iniziato la scuola media, ho avuto un po’ di problemi a socializzare con i miei nuovi amici, perché mio padre non ascoltava la musica leggera e soprattutto non sopportava il Pop Giapponese (ora potrei dire che non aveva tutti i torti!). Per questo in casa non potevo assolutamente ascoltare musica leggera e guardare certi programmi televisivi. Mi sentivo un po’ esclusa dal gruppo dei miei amici, allora una mia amica per salvarmi dalla situazione ha cominciato a prestarmi dei CD ed io mi mettevo ad ascoltarli di nascosto nella mia stanza con le cuffie. Insomma ero troppo impegnata a cercare di integrarmi nella classe per mettermi a studiare il violino! Per fortuna è stata una cosa davvero momentanea!
Alessandro: Le difficoltà ed i sacrifici in questo campo non mancano e talvolta sollecitano e mettono seriamente alla prova anche la determinazione più convinta. In questi momenti di riflessione però mi sono sempre reso conto che, in un modo o nell’altro, la musica sarebbe stata per me un richiamo troppo forte per poter resistere lontano da quest’ultima.
Diego: In realtà no, perché prima di iniziare a studiare con Maria Grazia Bellocchio non pensavo che la musica sarebbe diventata anche il mio lavoro, dopo invece mi sono impegnato al massimo delle mie possibilità perché andasse proprio così.

Qual è il momento più emozionante che ricordi della tua carriera musicale?

Lena: Quando col mio trio abbiamo vinto il primo premio all’International Chamber Music Competition di Pinerolo nel 2018. Qualche giorno prima che cominciasse il concorso ho perso mio padre. È stata una cosa così improvvisa, se fossi tornata in Giappone subito probabilmente non sarei arrivata in tempo per il funerale. Prima di essere un padre lui è stato un Maestro per me. Ho deciso di rimanere in Italia e suonare per lui durante il concorso. Forse anche per questo, sono riuscita ad essere dentro la musica ancora di più. Quando hanno annunciato i vincitori, sul palco della Sala Verdi del Conservatorio di Torino, ho pensato a lui e ho capito di aver fatto la scelta giusta. Ero allo stesso tempo grata ai miei compagni di trio per avermi sostenuto in quel momento.
Alessandro: Se c’è una cosa che non manca in ambito musicale sono le emozioni e i momenti significativi; indubbiamente però la vittoria al Concorso Internazionale di Pinerolo insieme ai miei compagni di avventura Diego e Lena è stato un momento, un attimo che non dimenticherò mai.
Diego: Ne cito due abbastanza recenti: uno è la vittoria del Concorso Internazionale di Musica da Camera di Pinerolo, col mio trio: è stato veramente l’apice di un lungo lavoro di studio, perfezionamento e di crescita reciproca e anche un po’ un premio alla tenacia, perché portare avanti un gruppo da camera per anni è un investimento che richiede sacrifici, anche economici, viaggi (tantissimi) per le prove e per seguire le lezioni.
L’altro è il debutto in Giappone da solista con orchestra, suonando il Primo Concerto di Beethoven.
Anche lì erano presenti i miei compagni di trio nelle prime parti della Sereno Chamber Orchestra ed è stata un’esperienza indimenticabile.

C’è un brano musicale a cui sei particolarmente legato? Vuoi dirci qual è e come mai?

Lena: È un piccolo lied di Brahms: “Wie Melodien zeiht es mir”, dall’op. 105, trascritto per violino e pianoforte da Jascha Heifetz e rinominato “Contemplation”. Era uno dei brani preferiti di mia madre. Mi raccontò che aveva fatto un concerto suonandolo quando io ero ancora nel suo grembo, per questo motivo mi ha sempre detto che questo brano mi rappresentava. Quando ero piccola lei me lo suonava col violino ma spesso anche col pianoforte.
Alessandro: Il trio n. 4 “Dumky” op. 90 di Dvorak. Ritengo Dvorak un compositore a me molto vicino, lo è stato sin dal periodo dei miei studi musicali: mi piace la passionalità, la varietà timbrica tematica che accompagnano ogni sua composizione. Poi il Dumky in particolare è definito il trio del violoncellista proprio per la quantità di temi affidati al violoncello: insomma, meglio di così…
Diego: Le Variazioni Goldberg di Bach. Le ho sonate moltissime volte tra il 2003 e il 2008, in tournée in Italia e all’estero con Virgilio Sieni, importante ballerino e coreografo fiorentino, in uno spettacolo in cui lui improvvisava danzando sulla musica.
La prima volta ebbi solo tre mesi per studiarle e mi sentivo anche inadeguato rispetto al compito indubbiamente arduo, poi ci presi sempre più gusto e posso dire che è stata una delle esperienze più formative della mia carriera. Mi piaceva lavorare in teatro, essere in contatto con professionisti di un altro settore come la danza e naturalmente viaggiare e visitare città diverse in continuazione.

Ci racconti come vi siete conosciuti con Alessandro e Diego? Cosa ti piace del loro modo di suonare e come mai avete scelto di formare un trio?

Lena: Suoniamo insieme dal 2012, ma ci conoscevamo da tempo, essendoci incrociati più volte nel corso dei nostri percorsi di formazione.
Io mi sono trasferita a Cremona nel 2006, l’anno dopo ho cominciato a suonare in duo con Diego.
Diego a sua volta ha incontrato Alessandro a Roma studiando nel corso di musica da camera dell’Accademia Santa Cecilia.
In seguito presso l’Accademia Stauffer di Cremona, dove mi stavo perfezionando con Salvatore Accardo, ho conosciuto Alessandro, che frequentava la classe di violoncello. Alla fine dell’anno, in occasione di un concerto presso il Teatro Ponchielli, ci siamo rivisti tutti e tre ed è nata l’idea di formare un trio.
Mi ricordo che Diego mi ha colpito moltissimo con la sua sensibilità musicale durante la prima prova che abbiamo fatto insieme, esattamente il 9 marzo 2007! Io non parlavo ancora Italiano e non avevo molta esperienza di musica da camera, quindi ero molto timida e mi sentivo immatura. Nonostante questo ho avuto subito un ottimo feeling musicale con Diego. È bravissimo ad adattarsi ai pianoforti diversi e riesce ad ottenere sempre il timbro e l’equilibrio giusto.
In realtà è stato Alessandro a proporci di fare un trio. Senza di lui non sarebbe nato il Trio Kanon!
Alessandro è un violoncellista con la tecnica solida e suono potente e profondo. Oltretutto dopo anni di ricerca sul suono, il colore, l’equilibrio e l’intonazione con lui, quando suoniamo insieme riusciamo a sintonizzarci perfettamente. È una sensazione davvero piacevole.
Alessandro: La nostra storia è fatta di intrecci: ho conosciuto Diego come compagno di studi nel corso di musica di insieme presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma nel 2007. Parallelamente Diego ha conosciuto Lena ed hanno iniziato anche loro a suonare insieme. Infine, dopo un periodo di “allontanamento” in cui io ho studiato in Svizzera e Diego si è perfezionato a Bergamo, ci siamo rivisti in occasione del concerto conclusivo dei corsi di violino e violoncello dell’Accademia “W. Stauffer” di Cremona nei quali studiavamo io e Lena, rispettivamente con Rocco Filippini e Salvatore Accardo. Alcuni giorni dopo questa reunion ho chiamato Diego per proporgli di formare un trio ed ho scoperto che, nel frattempo, anche lui e Lena avevano maturato l’idea di formare un trio.
Se devo indicare delle qualità specifiche, di Lena mi piace l’istintività e di Diego l’approccio analitico ad ogni brano, ma essendo cresciuti musicalmente insieme ed avendo formato un’identità di gruppo sono tante le cose che ci accomunano al punto che quando suoniamo insieme ci sentiamo sempre un po’ a casa.
Diego: Ho conosciuto Lena a Cremona, quando tramite la mia insegnante, mi contattò per studiare insieme una sonata di Beethoven. Era il 2007, lei studiava con Laura Gorna ed era in cerca di un pianista per fare musica da camera. Ci trovammo subito benissimo nonostante lei non parlasse una parola di italiano! Diciamo che per lei parlava la musica, e nacque così una grandissima intesa artistica e poi umana.
Con Alessandro ci siamo incontrati a Roma, forse nel 2007, da studenti nella classe di musica da camera di Rocco Filippini presso l’Accademia di Santa Cecilia.
Alessandro ha incontrato Lena qualche anno dopo, nell’Accademia Stauffer di Cremona. Nel 2012, trovandoci tutti e tre a un loro concerto al Teatro Ponchielli al termine dell’anno di studio, è emersa l’idea di formare un trio e studiare insieme con il Trio di Parma. Il trio archi e pianoforte ha un repertorio bellissimo e ampio, estremamente vario e tecnicamente impegnativo, per cui è una formazione cameristica estremamente stimolante.
Parlando del modo di suonare dei miei partner, Lena ha un approccio molto istintivo alla musica e allo strumento; allo stesso tempo è molto meticolosa nella cura dell’intonazione e nella ricerca di un suono sempre bello e ricco di armonici. Alessandro ha un suono generoso, caratteristica molto importante per suonare in trio, perché il violoncello rischia sempre di essere coperto dal pianoforte nel registro centrale, e un gusto molto raffinato.
Io forse sono l’anima più cerebrale del gruppo. Penso in definitiva che ci completiamo bene a vicenda!

Hai altre passioni oltre a suonare il tuo strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?

Lena: Ho fatto tre anni di atletica al liceo e partecipavo alle gare correndo i 3000 metri. Andavo all’allenamento tutti i giorni dopo la scuola. Anche se non sono più in forma come una volta, quando trovo il tempo vado a correre. Mi aiuta molto per rilassarmi e scaricare la tensione dopo un periodo intenso di concerti.
Sono appassionata anche di minerali. Colleziono le pietre da quando andavo alle medie. Ho lasciato la maggior parte della mia collezione a casa in Giappone per venire qui, ma anche in Italia piano piano la raccolta sta prendendo il suo spazio nel mio armadio!
Alessandro: Amo lo sport e pratico occasionalmente il calcio ed il ciclismo (anche se a dire il vero la mia bici ed il pallone avrebbero bisogno di una bella spolverata) ed i viaggi sono sempre stati la mia passione. A questo proposito fare il musicista ha i suoi vantaggi, anche se quando si viaggia per lavoro il tempo per il turismo è sempre molto ristretto. Mi piace lavorare il legno e restaurare mobili nel mio piccolo.
Diego: Mi piace la montagna, ho una passione per le Dolomiti. Quindi quando posso mi prendo qualche giorno per fare un po’ di trekking e andare in bici. Mi piace moltissimo guardare le mappe dei sentieri ed organizzare escursioni. Ci passo letteralmente le ore quando sono libero.
I miei mi hanno sempre portato in montagna, fin da piccolo, per cui non riesco a passare un’estate senza organizzare qualcosa in Alto Adige.

Ascolti altri tipi di musica oltre a quella che suoni? Se sì, quali?

Lena: Mi piace moltissimo ascoltare la musica Americana degli anni ‘20, ‘30 e ‘40: Jazz band e Swing tipo Jan Garber e Louis Armstrong. Poi mi piace la musica irlandese. Un po’ di meno ma ascolto anche Hard Rock e Metal quando ne ho bisogno!
Alessandro: Sono abbastanza onnivoro in quanto a musica ma prediligo, oltre alla classica, il Jazz, il Blues e lo Swing. La musica leggera mi piace ma sono molto selettivo in quanto a qualità. In genere pretendo di ascoltare musica che derivi da una particolare bravura e abilità strumentale di chi compone o suona.
Diego: Ascolto saltuariamente anche musica non classica, mi piacciono molti cantautori italiani degli anni ’60 e ’70, Dalla, Battisti, De André, ma anche cantanti stranieri. Meno la musica di consumo più recente.
Apprezzo il jazz anche se lo ascolto molto poco e naturalmente adoro la musica corale, a cappella e non, soprattutto quella rinascimentale e i romantici tedeschi (Brahms e Schubert più di tutti).
Sono cremonese per cui per me Monteverdi è il non plus ultra tra i compositori italiani di ogni epoca.

C’è un disco – di qualsiasi genere – che consiglieresti a tutti di ascoltare?

Lena: L’ultimo disco di Alexander Lonquich, dedicato alle Sonate per pianoforte di Schubert composte nel 1828. Ho sentito per la prima volta la D 960 suonata da Lonquich a Siena, nel 2012, durante il suo corso di musica da camera nell’Accademia Chigiana. È stata una vera e propria rivelazione!
Alessandro: Grazie ad un simpatico gioco/catena al quale sono stato invitato a partecipare da colleghi musicisti su un noto social network ho riscoperto dopo anni un disco che ascoltavo da piccolo a casa dei miei genitori: si tratta delle sonate per violoncello e pianoforte di Chopin e Franck eseguite da Jaqueline Du Pré e Daniel Barenboim ed edite da EMI. Non so se si trovi il cd (io le ascoltavo in vinile) ma lo trovo un disco di una attualità e profondità sonora meravigliose.
Diego: L’ultimo cd che ho acquistato: la Sesta Sinfonia di Mahler diretta da Currentzis alla guida della sua orchestra MusicAeterna. Impressionante.

Qual è il libro che leggerai quest’estate?

Lena: Leggerò “Canone Inverso” di Paolo Maurensig. Mi è stato regalato da una mia carissima allieva.
Alessandro: Non ho ancora deciso ma da qualche giorno ripenso ad un libro letto alcuni anni fa: “Mara. Autobiografia di un violoncello” di Wolf Wondratschek che racconta in soggettiva, come se a farlo fosse proprio lo Stradivari “Mara”, le peripezie ed avventure vissute dallo stesso nel corso dei secoli. In alternativa Diego mi ha raccontato recentemente del libro sulle lettere ai familiari di Leonard Bernstein di Archinto Editore, stuzzicandomi non poco…ma perché scegliere?
Diego: Ho un po’ di opzioni: o un libro di Haruki Murakami che non ho ancora letto oppure rileggerò Stoner di John Williams. Bellissimo.