Il Quartetto di Fiesole sarà protagonista, insieme a Flavio Cucchi, di un concerto dedicato a suo padre, il chitarrista e compositore Alvaro Company. Come avete scelto i brani in programma?
La figura di mio padre abbraccia diversi aspetti – il concertista, il compositore, il didatta – e anche per questo abbiamo voluto coinvolgere uno dei suoi allievi più rappresentativi, Flavio Cucchi, che eseguirà la Suite per Flavio (che mio padre gli ha dedicato). Suonare insieme a Flavio era veramente un sogno da molti anni e non poteva esserci opera più significativa del Quintetto di Castelnuovo-Tedesco (in passato, l’abbiamo studiato proprio con mio padre, utilizzando la sua revisione). Dopo aver immaginato diversi accostamenti, siamo approdati al Quartetto di Debussy, che pure mio padre adorava. In occasione di un concerto che tenemmo trent’anni fa proprio per gli Amici della Musica di Firenze, lui – che solitamente era sempre molto critico e severo con tutti (soprattutto con me…) – nel camerino, visibilmente commosso, mi disse che nel terzo movimento gli era spuntata una lacrima… Potete immaginare come sia toccante eseguire proprio questo quartetto, nello stesso luogo. Me lo farà sentire ancora vicino…
Inserire quest’opera ha creato un collegamento col Quintetto: l’Andantino, doucement expressif di Debussy è stato, probabilmente, fonte di ispirazione per Castelnuovo-Tedesco nella stesura dell’Andante mesto nel suo Quintetto. Per aprire il concerto abbiamo pensato a Puccini con Crisantemi, un breve brano quasi contemporaneo di Debussy, ma permeato di un verismo particolarmente lirico, differente dal linguaggio impressionista francese. Puccini ha scritto questa breve e toccante pagina in una notte del 1890, dopo aver saputo che era mancato l’amico Amedeo di Savoia, Duca d’Aosta. Ne è derivata una sensibilissima Elegia per quartetto d’archi dai colori sfumati, a tratti “parlante”, e non ci poteva essere un pezzo più adatto per ricordare mio padre…
Lei è doppia figlia d’arte (sua madre è Maria Tipo, una delle più formidabili pianiste degli ultimi decenni). Quali sono gli insegnamenti e stimoli che maggiormente deve ai suoi genitori?
Devo tutto ai miei genitori, perché ho ricevuto da loro la scuola più preziosa, immediata e facile che si possa immaginare, in parte attraverso la trasmissione genetica, ma anche e soprattutto attraverso l’ascolto per un quantitativo di ore davvero enorme, della musica più disparata, fin da quando mi trovavo nella pancia della mamma. Poi mio padre mi suonava la sua Ninna Nanna per addormentarmi… donandomi la sua musica.
Negli anni ricevevo i più preziosi insegnamenti e, soprattutto, il loro esempio, permeato da una serietà assoluta, impegno e preparazione ineccepibili, attraverso cui mi hanno trasmesso dei valori incrollabili: “Il violino ti darà quello che tu gli dai”, mi ripeteva mio padre, quando da bambina gli capitava di vedermi un po’ svogliata nello studio… Sicuramente non era facile per me, con due esempi così forti, ho più volte rischiato l’implosione… ma alla fine ho trovato la mia strada.
Uno dei valori che mi hanno trasmesso e che sento davvero mio nel profondo, è quello della dedizione all’insegnamento. Sono sempre commossa e orgogliosa nel vedere con quanta abnegazione i loro allievi (anche di molti decenni fa) li ricordano e li celebrano, dimostrando uno specialissimo sentimento di gratitudine.
Vorrei condividere un ricordo quasi divertente, emblematico: loro erano entrambi così dediti all’insegnamento, che venivano regolarmente lasciati al buio in conservatorio, perché i poveri coadiutori, già oltre l’orario di chiusura, non sapevano come fare per farli smettere di far lezione… Io, che sono cresciuta con tali esempi, non ho voluto essere da meno e mi è capitato, per aver sforato gli orari, di essere rinchiusa (con allarme inserito!) in ben due scuole…!
Con una madre pianista e un padre chitarrista, come è nata in lei la passione per il quartetto d’archi?
Partirei dalla scelta del violino. Forse può essere banale, ma essendo loro al top nei loro strumenti, per me sceglierne un altro era la cosa più intelligente da fare. Infatti, entrambi mai mi hanno spinta verso i loro strumenti, comprendendo che mi sarei ritrovata in un confronto diretto, che sarebbe divenuto un boomerang.
Il quartetto è stata una mia grande passione fin dall’adolescenza, anche perché era importante sentire una passione mia, non ricollegabile a loro, per percepirla come una scelta personale. In effetti però, pensandoci bene, di fatto con il quartetto ho espresso la necessità di rendere polifonico anche il mio strumento, per un bisogno di polifonia, di dialogo, di ricchezza di più elementi, di fantasia… tutte caratteristiche che hanno non solo i loro strumenti (molto più polifonici del violino!) ma la loro maniera di approcciarsi alla musica.
Vuole condividere con il pubblico degli Amici della Musica di Firenze un ricordo musicale legato a suo padre?
Lui era molto severo, quando ero piccola mi diceva sempre che la mia preparazione era insufficiente: minacciò di chiamare ad uno ad uno tutti i colleghi componenti la commissione di un esame che stavo per dare, per implorarli di bocciarmi, perché secondo lui ero impreparata, poi non ne ebbe il coraggio e alla fine, comunque, presi un voto altissimo…!
Una volta, studiavo forse da 2 o 3 anni, uscii dalla mia cameretta dopo aver studiato il violino e, un po’ avvilita gli confessai la mia insoddisfazione, lui si illuminò e mi disse che era la prima volta in cui mi aveva sentito suonare meglio, quindi dovevo essere contenta, che evidentemente il mio orecchio era divenuto più esigente e nel momento in cui ero insoddisfatta, ero in grado di correggermi e studiare molto meglio e che questa era la chiave per ottenere ottimi risultati!
Ho ripensato a questo tante volte, per me stessa e anche per i miei allievi ed aveva immensamente ragione…