Il 23 marzo presenterà un programma che spazia da Händel a Rachmaninov, passando per Schumann e Balakirev.
I pezzi che ho scelto per il recital rispondono innanzitutto a una necessità interiore, la necessità di suonare proprio quei pezzi, più di tutti gli altri, in questo momento della mia vita. Tale necessità sorge dalla frequentazione dei brani per lungo tempo, brani che vivono con noi in un percorso di studio e dunque la necessità di portarli davanti al pubblico diventa sempre più forte.
La Chaconne di Händel è stato un pezzo prediletto dai grandi pianisti in passato. Oggi non è molto suonato ma è un pezzo favoloso per iniziare un recital perché ha grandezza, nobiltà, inventiva e grandissima fantasia.
Davidsbündlertänze di Schumann è uno dei cicli schumanniani a cui sono più affezionato. Questi Davidsbündlertänze sono delle miniature che hanno momenti di poesia così toccante, straziante, ma anche momenti folgoranti di grande passione. C’è dentro tutto Schumann, sia Florestan che Eusebio, le sue due personalità, cioè le caratteristiche della sua personalità così complessa. Quando si arriva all’ultimo numero, nel momento dei pianissimi, che vanno sempre più giù nelle profondità del pianoforte verso le note più gravi, e si finisce nel silenzio, si apre davanti a noi un mondo di incredibile inventiva e poesia.
Passando ai Preludi, Rachmaninov è un altro autore a cui sono molto affezionato, è uno dei più grandi compositori pianisti che ci ha lasciato pezzi meravigliosi. Questi Preludi sono molto contrastanti come carattere e anche loro hanno momenti di grande poesia, ma anche di virtuosismo e di forte drammaticità, penso ad esempio al Preludio n. 7. Sono anche molto diversi e, suonati insieme, costituiscono una grande opera che ha senso eseguire integralmente.
Anche l’Islamey di Balakirev è stato un pezzo favorito dai pianisti del passato, soprattutto per il grande virtuosismo, ma, con un ascolto attento, si capisce che c’è anche tanta musica. Ed è quello che vorrei far emergere nella mia interpretazione.
Per un certo periodo ha studiato con Maria Tipo al Conservatorio di Ginevra. Quali sono i ricordi e gli insegnamenti più importanti che ha ricevuto da questa grande musicista?
Maria Tipo è una delle figure essenziali della mia vita. L’insegnamento che mi ha lasciato è veramente grande ed è difficile da definire in due parole, ma tenterò. Il legame che ha lasciato a ognuno di noi allievi è ricchissimo e prezioso di insegnamenti. Con lei si lavorava con tanta profondità sul suono, sul legato, sul pedale, su migliaia di particolari e soprattutto sull’essenza del pezzo. Ci si poneva davanti ai testi con grande onestà, mai con la propria personalità, ma al servizio al compositore. Il suo insegnamento aveva rigore e libertà allo stesso tempo perché nessuno degli allievi suonava allo stesso modo. Ciò significa che lei rispettava molto le personalità: quando un allievo aveva da dire qualcosa di forte, lo rispettava, anche se a volte non coincideva con la sua visione. Lei faceva emergere il meglio di quello che avevi, capiva le tue intenzioni espressive e naturalmente ti dava i mezzi tecnici per riuscire a esprimerti.
Foto © Marco Borggreve