Intervista a Kevin Spagnolo e Simone Rugani

Qual è il primo ricordo della vostra vita legato alla musica che vi viene in mente?

Kevin: Ho ricordi confusi riguardo a come sia entrato in contatto con la musica, probabilmente già da piccolo apprezzavo molto, visto che i miei genitori mi soprannominavano Kevin “Bum Bum”, per la mania di percuotere oggetti e generare suoni e ritmi con qualsiasi cosa mi capitasse fra le mani. Ero un bambino molto attivo, e i miei genitori mi fecero provare differenti attività, ma la musica era per me quella più attraente.
Simone: Certamente il primo ricordo è di quando da piccolo (3/4 anni) ero attratto dal suono del pianoforte verticale che c’era in casa di mia nonna, un vecchio pianoforte tedesco su cui mia mamma aveva studiato qualche anno quando era adolescente. Andavo continuamente là a premere i tasti!

Come mai avete iniziato a suonare uno strumento musicale? 

Kevin: Mia madre, avendo imparato le basi musicali da piccola, in Germania, si meravigliò della mancanza di questa nelle scuole d’infanzia ed elementari, perciò iniziai flauto dolce, solfeggio e pianoforte con insegnanti privati, a sette anni. Successivamente, tra tutti gli strumenti, scelsi il clarinetto, anche perché così avrei avuto la possibilità di suonare con la banda del paese. Con la banda ebbi l’occasione di avere un insegnante molto bravo, che dopo un anno mi consigliò di provare ad entrare in Conservatorio.
Simone: In realtà ho sin da piccolo amato la musica in generale, cantavo tantissimo e di tutto (tuttora quando sono a Lucca incontro qualche vicina di casa che mi mette in imbarazzo ricordandomi di quando a cinque anni facevo le imitazioni di Eros Ramazzotti con la voce nasale). Il voler suonare il pianoforte nasce però proprio da una mia attrazione verso lo strumento, così complicato nel suo meccanismo, così pieno di “bottoni” da premere, che mi ha sempre affascinato.

Quando avete capito che eravate bravi in quello che stavate facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della vostra vita?

Kevin: Da giovanissimo compresi che ero molto bravo a procrastinare. Un talento innato e, in un certo senso, mi ha portato a migliorarmi velocemente a suonare il clarinetto. Ebbene sì, suonavo e studiavo musica, procrastinando i compiti per casa assegnatomi a scuola, e lo studio in generale. Mi riducevo spesso all’ultimo minuto, ma perfezionavo passaggi, e in generale aumentavo le mie abilità nello strumento. Molto spontaneamente questa abitudine mi permise, col tempo, di avere sempre più occasioni dove poter esibirmi. Non è sempre facile vivere con questo talento, ma ho imparato a conviverci, e mi scuso sempre per le mie mancanze.
Simone: Credo che in prima media, dopo aver dato l’esame di solfeggio, già avessi chiaro che la musica sarebbe stata una parte fondamentale della mia vita, anche se non sapevo in che misura.

Ci sono stati dei momenti in cui avreste voluto mollare tutto e cambiare direzione?

Kevin: No, fortunatamente mai avuto momenti del genere. Ho sempre cercato di cavarmela, e ho avuto sicuramente molta fortuna. Imparare e capire come studiare, avere una borsa di studio per riuscire a vivere a Ginevra (dove ho studiato per quattro anni), avere docenti incredibili e partecipare in progetti e orchestre giovanili internazionali, non sono cose scontate. Tramite tutto ciò non mi era permesso di guardare indietro, ho sempre scrutato l’orizzonte… ma ovviamente con molti dubbi. Riuscirò a vivere con la musica? Sono un buon musicista? Quanto sono i importanti i “risultati”? Erano le domande che spesso mi ponevo. Ma non erano quelle giuste… bisogna porsene altre!
Sono pronto a dedicare anima e corpo per la musica? Voglio trasmettere e far amare la musica al mio futuro pubblico? Sono disposto ad esplorare ogni emozione umana e raccontare storie attraverso la musica?
Simone: A dire il vero, ci sono stati dei momenti di down, come è normale che accada per tutti (credo) ma non ho mai pensato di poter vivere senza suonare. Nonostante i condizionamenti esterni del mondo musicale, l’esperienza del suonare è qualcosa di veramente irrinunciabile per me. Quando per una frattura al braccio non ho potuto suonare per più di un mese mi sono trovato mille cose da fare e ho capito che sarei potuto “sopravvivere” senza il pianoforte, ma non senza essere musicista. Ed in ogni caso, tolto il gesso, sono andato in palestra anche di domenica a fare fisioterapia pur di risuonare il prima possibile.

Qual è il momento più emozionante che ricordate della vostra carriera musicale?

Kevin: Difficile rispondere a questa domanda. Sono tanti, troppi, ed è difficile fare una gerarchia. Ogni momento musicale intenso ha una sua particolarità, e diverse emozioni associate ad esso.
Molti di questi sono associati a stanchezza, quindi a momenti di particolare sensibilità. Nessuno menziona mai questo stato di particolare intensità, che è quel momento in cui, dopo aver viaggiato, provato e sicuramente dormito poco, il tuo corpo e la tua mente sono talmente sensibili da farti quasi piangere, o ridere istericamente, o amare, o odiare, durante il concerto. Credo che in qualche maniera sia legato al modo più bello e geniale di fare musica, ovvero attraverso le proprie emozioni.
Simone: È molto difficile da dire, ce ne sono molti. Uno dei più belli è certamente il concorso di musica da camera “Vainiunas”, in Lituania, dove, in duo con il violinista Daniele Sabatini, siamo andati senza alcuna aspettativa e abbiamo vissuto una delle esperienze più importanti della nostra crescita musicale. E poi la prima volta che ho suonato a New York, in una sala piccola, la Casa Zerilli Marimò, ma gremita di persone che a distanza di anni si ricordano del concerto. È sempre molto gratificante per me quando riesco a donare qualcosa al pubblico.

Ci raccontate come vi siete conosciuti? Cosa vi piace del modo di suonare dell’altro e come mai avete deciso di suonare insieme? 

Kevin: Ho conosciuto Simone attraverso gli studi al Conservatorio Luigi Boccherini, e ho sempre voluto suonare con lui, e fare concerti, ma non lo abbiamo mai fatto… fino a quando poi, quest’anno lo abbiamo fatto… dopo non poche esibizioni rimandate, a causa di quest’ultima particolare situazione globale. Di Simone amo la sua particolare dedicazione e passione nella musica, genuina e spontanea. Quando suona è completamente immerso nella musica, ed è difficile farlo uscire da questo stato, è un abile e completo musicista!
Simone: Non mi ricordo l’anno preciso in cui ci siamo conosciuti, ma credo intorno al 2010 a Lucca, tramite amici in comune. Io non ho studiato in conservatorio, ma frequentavo tante persone del “Boccherini” che mi parlavano spessissimo di questo clarinettista bravissimo. Poi abbiamo cominciato a sentirci più spesso e siamo diventati amici: per anni abbiamo provato a fare un concerto insieme e per qualche congiunzione astrale avversa non siamo mai riusciti (Kevin si ruppe anche lui un braccio due settimane prima di quello che sarebbe dovuto essere il nostro primo concerto nel 2018, poi un anno fa, a ottobre, il nostro primo concerto fu programmato per il giorno che poi risultò essere esattamente il successivo alle chiusure per il Covid). Finalmente a giugno di quest’anno abbiamo infranto questa maledizione e abbiamo suonato insieme, ed è stato davvero emozionante. Penso che abbiamo intenzioni musicali molto simili e ci capiamo subito con uno sguardo, anche nei cambi di tempo più assurdi! Di Kevin mi piace tantissimo la sua meravigliosa corrispondenza tra il suo suonare e la sua persona: per lui ogni frase musicale ha vita, È la sua vita, ed è degna di essere suonata come la più bella del mondo. E, oltre a ciò, adoro la sua libertà e quanto, pur di fare qualcosa di bello, osi sempre, dia il 110% e non si tiri mai indietro. Spesso quando suoniamo vedo che mi guarda, come per dirmi “Stavolta questa frase sarà più sostenuta di come la abbiamo provata, ma ci voglio provare” o “Osiamo quella tacca di metronomo in più, anche se è follia: ma pensa che bello se viene!!”. In fondo suonare è un bellissimo gioco che mima accuratamente la vita reale tanto da confondercisi… ma è comunque un gioco: perché non dare il tutto per tutto allora?

C’è un brano musicale a cui siete particolarmente legati? Volete dirci qual è e come mai?

Kevin: Sono molto legato a Schumann e a Brahms. Difficile dire però nello specifico un brano musicale al quale sono molto legato, tra questi due Geni. La loro musica sinfonica, cameristica e solistica, non può essere ben descritta e ben studiata in una vita intera. È sorprendente quanto questa musica ti può dare, quante emozioni e quanti spettri può suscitare, quanta passione può trasmettere. Sono anche molto legato a Jean Françaix e al suo elemento circense, e alla musica parodistica, ma elegante.
Simone: Credo che il brano a cui sono più legato sia la prima Sonata di Schnittke per violino e pianoforte. È un brano meraviglioso, scritto da un compositore che è tuttora troppo poco considerato rispetto a quanto si meriti. È un pezzo estremamente vario nei caratteri e nella struttura, in 20 minuti si attraversano mondi musicali estremamente contrastanti. Il terzo tempo, in particolare, ogni volta che lo suono e lo sento, mi fa pensare a quanto sono fortunato nel poter godere in prima persona di un tale capolavoro. Oltre a questo, il fatto che sia una sonata seriale (anche se non sembrerebbe) rende questo pezzo molto simile a me: una profonda parte razionale che si cela dietro un aspetto più irrazionale e ironico.

Avete altre passioni oltre a suonare il vostro strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?

Kevin: Tutte e nessuna. Sono aperto a tutto e non riesco ad essere regolare… in alcuni periodi leggo molto, ma se qualcuno mi invita a fare un’escursione in canoa o ad una partita a ping-pong, è difficile che dica di no, a meno che non abbia tempo. Amo viaggiare, ma del resto sono obbligato a farlo per il mio più grande hobby/passione/lavoro, ma nella mia ultima vacanza sono stato in quattro posti completamente diversi in otto giorni, quindi evidentemente è diventata una dipendenza. In ogni caso per me non c’è niente di meglio che scalare una montagna, immergermi nella natura, e bermi un buon bicchiere di vino rosso e un buon whiskey.
Simone: Anche troppe! Scherzi a parte, la mia seconda principale passione, che nella mia testa vive un rapporto di amore e conflitto con la musica, è la matematica. Al termine del liceo, tanto era grande questa passione, non sono riuscito a prendere una vera decisione e ho portato avanti sia il pianoforte che la matematica, sino a prendere una laurea triennale all’università di Pisa. Dopo di ciò ho capito che, per rispetto per la musica e per la matematica (e per rimanere sufficientemente sano di mente), avrei dovuto fare una scelta: entrambe sono discipline gelose, che richiedono tutto te stesso e si “offendono” se non ti ci dedichi totalmente. Così, complice (fortunatamente) anche un inghippo burocratico che non mi permetteva di frequentare un post-graduate di pianoforte insieme alla laurea magistrale, ho scelto definitivamente la musica. Ciononostante, la matematica rimane per me un’amante molto affascinante con cui ogni tanto mi concedo qualche scappatella e, soprattutto in lockdown, mi sono riscoperto come insegnante di matematica. Adoro anche viaggiare, ed è stata una delle cose che più mi sono mancate durante gli ultimi due anni: fare concerti è sempre stato per me anche un’ottima occasione per vedere mille posti nuovi e conoscere persone da tutto il mondo.
Oltre a queste cose, mi piacciono i treni. Per davvero, non è un meme. Non è una meta-passione per il concetto di luogo-nonluogo, una cosa astratta e concettuale, nono…mi piacciono proprio i treni e li studio: conosco, almeno di quelli italiani, i modelli, le fabbriche che li producono, i voltaggi delle locomotive, il rodiggio, gli scartamenti.
Per finire, dopo un’onorata carriera da tester professionista di poltrone e divani, ho anche riscoperto lo sport (che nella mia infanzia era visto, inspiegabilmente, più o meno alla stregua di satana) e da tre anni circa mi alleno con esercizi a corpo libero e andando a correre; è un ottimo modo per sfogare lo stress soprattutto a fine giornata, e anche un ottimo modo per avere un fisico atletico, se non amassi anche mangiarmi tutto il cibo che cucino…

Ascoltate altri tipi di musica oltre a quella che suonate? Se sì, quali?

Kevin: Ascolto un po’ di tutto, sempre. Jazz, rock, folk… vari periodi e vari generi. C’è sempre un momento adatto per ogni stile musicale.
Simone: Ascolto di tutto, soprattutto a seconda dei momenti. Amo il cantautorato italiano: nei miei ascolti quando sono da solo è imprescindibile la “trinità” De André – Guccini – De Gregori. Quando viaggio in macchina ho una playlist di Spotify contenente tutto il trash possibile, quasi da vergognarsi. Tuttavia, è musica che non mi fa pensare, e soprattutto quando ho suonato per tutto il giorno ho bisogno di svuotare totalmente la testa ed ascoltare l’opposto della classica. Oltre a ciò, entro facilmente in fissa con i brani ed in quel caso ho bisogno di risentirli mille volte per apprezzarne tutti i dettagli e, ancor più semplicemente, per rivivere la precisa emozione che solo quel pezzo mi sa dare: qualche mese fa mi è partita una passione smisurata per Richard Strauss e ho fatto svariati viaggi Lucca-Roma in macchina ascoltando in loop la prima parte di Ein Heldenleben (a volumi degni dei più professionali discotecari, ma almeno senza aprire i finestrini!).

C’è un disco – di qualsiasi genere – che consigliereste a tutti di ascoltare?

Kevin: Sì! Il mio! Uscirà presto, e lo annuncerò sui miei social, e verrà pubblicato dalla casa discografica francese “La Dolce Volta”. L’ho inciso con la Swedish Chamber Orchestra e Micheal Collins, direttore (ma anche clarinettista) stellare, e abbiamo suonato Rossini, Introduzione e tema con Variazioni (presente anche nel programma del concerto di Fortissimissimo), il Concerto n. 1 op. 73 di C.M. von Weber, la prima assoluta della trascrizione dell’Andante e Rondò Ongarese dello stesso compositore (trascritto dal mio caro amico Ruben Spark), il difficile e divertente Concerto di Jean Françaix, e l’omaggio ebraico Sholem Aleikem Rov Feidman, di Béla Kovács. È un album particolare perché racchiude tre scuole di composizione di periodi e luoghi diversi, che mi definiscono in un certo modo. Dapprima avevo pensato alla mia duplice origine, Italiana e tedesca, quindi alla contrapposizione di queste due realtà; poi ho deciso di aggiungere Jean Françaix, perché ha definito alcuni aspetti della mia personalità musicale, fin da ragazzino, e perché a Ginevra ho studiato con un insegnante francese. Alla fine, ho pensato, visto che questo CD è vario e molto pazzo, perché no, si può aggiungere anche un omaggio alla cultura ebraica! Consiglio il mio CD perché celebra la gioia di vivere e le diverse sfaccettature della vita. Il nome dell’album è Facades, ed uscirà a breve!
Simone: Ne dirò due: Le variazioni Goldberg nella versione di Glenn Gould del 1981 e, per quanto riguarda il “non classico”, The Stranger di Billy Joel (album straordinario, e Scenes from an Italian Restaurant è una canzone meravigliosa!!!).

Qual è il libro che leggerete quest’estate?

Kevin: Le città invisibili di Calvino e Il maestro e Margherita di Bulgakov. E se ho tempo uno dei libri del mio autore preferito, Irvin Yalom.
Simone: Ho Cuore di Cane di Bulgakov da troppo tempo sulla scrivania in attesa di essere letto, credo me lo porterò in vacanza!