Qual è il primo ricordo della tua vita legato alla musica che ti viene in mente?
Sara Pastine. Ricordo con tanta nostalgia quando mio nonno materno mi faceva ascoltare le opere liriche. Metteva i suoi quattro nipotini, comprese me e mia sorella, a sedere in salotto con il libretto per seguire la narrazione, e accendeva il suo giradischi. Aveva una grande passione, ricordo che cantava assorto, ad occhi chiusi e a pieni polmoni. Possedeva molti dischi in vinile. Il momento in cui andavamo a teatro era una grande emozione per noi bambini e ci arrivavamo tutti preparatissimi: sapevamo rigorosamente tutta l’opera a memoria!
Salvatore Borrelli. Si può dire che la musica, non prettamente nella sua forma strumentale, mi ha sempre accompagnato. Fin da quando ero bambino, partecipavo ai laboratori e alle recite scolastiche che implicavano tantissimo il canto o l’utilizzo di un semplice flauto dolce o diamonica, si tratta del periodo delle lontane scuole elementari.
Lorenzo Cosi. Io in piedi sul divano dei miei nonni materni, che guardo, ma soprattutto che dirigo, le musiche di Fantasia della Disney, con in mano uno spaghetto come bacchetta. Questo è il primo in assoluto che riesco a ricordare.
Cosa ti ha spinto a iniziare a suonare uno strumento musicale?
Sara. Sicuramente è stato l’ascoltare mia sorella maggiore suonare il pianoforte. Lei era molto brava, talentuosa, e studiosa. Dedicava tutta se stessa al pianoforte, ci metteva l’anima. Io la ascoltavo studiare per ore, ed è stata una grande fortuna: sapevo tutto il suo repertorio: Carnaval di Schumann, Improvvisi di Chopin ecc., ciò ha sviluppato in me l’orecchio e il senso del ritmo. Poi un giorno ho visto un piccolo violino in una vetrina di un negozio e ho chiesto a mio papà se poteva prendermelo…
Salvatore. Ciò che mi ha spinto a iniziare a suonare è stato il desiderio di intrecciare nuove amicizie e connessioni ma soprattutto di comunicare in maniera diversa dal linguaggio comune. In alcuni momenti le parole pongono troppi limiti sulle emozioni provate in un preciso momento.
Lorenzo. In casa mia c’è sempre stata musica, avendo mia mamma insegnante di danza classica e mio babbo diplomato in pianoforte, l’avvicinamento alla musica è stato naturale per me: è stata nel mio quotidiano da subito.
Quando hai capito che eri brav* in quello che stavi facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della tua vita?
Sara. Ho iniziato da giovanissima a viaggiare per il violino: avevo otto anni quando ho cominciato ad andare a Firenze per fare lezione. Studiare per me ha sempre voluto dire percorrere diversi km e a volte saltare scuola, ci ho da sempre investito molto. Successivamente, negli anni del Conservatorio, la mia insegnante Paola Besutti mi fece competere ai primi concorsi nazionali. Ovviamente però, la professione si costruisce passo dopo passo, e la consapevolezza che si può arrivare a praticarla realmente si acquisisce gradualmente. Ho iniziato a vincere audizioni (EUYO, GMJO, Verbier) e ad andare all’estero per perfezionarmi, poi ho vinto il mio primo concorso per un posto di lavoro alla Rai, ho avuto formazioni cameristiche stabili con le quali ho intrapreso l’attività concertistica e ho cominciato a insegnare in Conservatorio.
Salvatore. Avevo 12 anni e stavo frequentando la seconda media, in quel momento decisi che non era importante quanto sarebbe stata dura ma che avrei utilizzato tutte le risorse possibili.
Lorenzo. È difficile poter dire di “aver capito di essere bravo” in questo mestiere… diciamo che la prima volta in cui ho percepito che quel che stavo facendo era davvero speciale, pensando per la prima volta di continuare su questa strada in maniera più seria, è stato al termine della prima produzione estiva con l’orchestra della mia scuola, nell’estate 2008, avevo 12 anni. Lì ho capito che avrei voluto fare il musicista.
Ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto e cambiare direzione?
Sara. Questo mestiere non è sempre facile: si deve fare i conti con continui viaggi che ti costringono a trascorrere lunghi periodi lontani da fidanzato, familiari e amici. È molto difficile mantenere una routine quotidiana e prendersi cura della propria vita privata. A questo si aggiunge l’incertezza e la discontinuità lavorativa, lo stress della preparazione dei concerti con standard di performance sempre più alti. A volte ci si può sentire frustrati per la stanchezza o il senso di smarrimento o di inadeguatezza. Tuttavia, fare musica significa soprattutto arricchimento, divertimento ed emozioni magiche: l’approfondimento, la ricerca e il confronto ti rendono dinamico… in costante crescita ed evoluzione; mentre si suona si ha la percezione di avere una connessione con chi ti ascolta e con chi sta suonando con te, è una sensazione unica che ti incoraggia e ti dà la carica.
Salvatore. Questa è una situazione che si presenta davanti a tante persone, non importa il livello di bravura o impegni che hai, può succedere di avere tali pensieri. È successo anche a me, tra i 17/18 anni. Stavo finendo le scuole superiori e gli impegni sia di studio scolastico che con il Conservatorio aumentavano senza riuscire a ritagliare tempi adeguati all’uno ed all’altro ma ciò dipende molto dal percorso di studi e da altri fattori esterni.
Lorenzo. Certo. Ma eccoci ancora qua!
Qual è il momento più emozionante che ricordi della tua carriera musicale?
Sara. Ce ne sono stati moltissimi: quando mi sono diplomata… quando ho vinto il mio primo concorso di violino, quando ho suonato per la prima volta in una grande orchestra con altri ottanta giovani di tutto il mondo nella mia prima tournée, quando ho vinto il concorso alla Rai, quando ho suonato al Quirinale in diretta Radio… ma al momento sceglierei il giorno in cui ho acquistato il mio attuale violino: è stato un amore a prima vista. L’avevo provato e per i giorni seguenti non riuscivo a darmi pace perché lo avevo lasciato nell’atelier. Alla fine, dopo una lunga riflessione, ho deciso di fare questo grande passo nonostante il sacrificio economico e quando l’ho portato a casa ero davvero emozionatissima!
Salvatore. Il momento più emozionante credo sia stato il concerto in diretta radio dalla Cappella Paolina dal Palazzo del Quirinale. Ma vorrei aggiungere l’esperienza fatta con Musethica in Germania: portando la musica in luoghi non consueti come case protette ed ospedali, ciò ha messo a dura prova la capacità di trattenere i lacrimoni.
Lorenzo. Ce ne sono diversi che mi vengono in mente e che tengo nel cuore, mi sento in colpa a sceglierne solo uno!! Quindi dico: quello che deve ancora venire!
Ci racconti come hai conosciuto gli altri musicisti del Quartetto? Cosa ti piace del loro modo di suonare e come mai avete deciso di formare il vostro gruppo?
Sara. Studiavo insieme a Fausto e Salvatore in Conservatorio a Modena, nella classe della prof.ssa Besutti e abbiamo conosciuto Lorenzo in orchestra. Era un sogno comune formare un quartetto, avevamo stima l’uno dell’altro e abbiamo iniziato a suonare insieme. Ognuno di noi ha caratteristiche e indole differenti, ciascuno apporta una componente fondamentale al gruppo, un ingrediente unico… Se dovessi trovare un paio di aggettivi positivi per descrivere il modo di suonare di ognuno: Salvatore è vivace e spontaneo, Fausto impeccabile e ponderato, Lorenzo sensibile e comunicativo.
Salvatore. Io, Fausto e Sara frequentavamo lo stesso Conservatorio, nella stessa classe di violino. Avevamo già suonato assieme in formazioni diverse e ciò ci aveva già fatto avvicinare in passato. Successivamente, Fausto ha conosciuto Lorenzo durante una produzione orchestrale. Tutti eravamo decisi a intraprendere un percorso sia di studi che lavorativo che implicasse la forma del quartetto d’archi.
Lorenzo. Ho conosciuto Fausto in un progetto d’orchestra, eravamo in camera insieme e una cosa è venuta dopo l’altra, tra cui la passione per la musica da camera, e l’amore per il quartetto. Lui mi propose di suonare insieme e da lì ho conosciuto prima Sara, poi Salvatore, e abbiamo cominciato, poiché tutti innamorati del mondo del quartetto e vogliosi di cominciare un lavoro approfondito su questo magnifico repertorio. Se devo riassumere in poche parole ciò che mi piace dei miei colleghi da un punto di vista musicale, dico: la passione per il lavoro di fino, necessaria per fare quartetto!!
C’è un brano musicale a cui sei particolarmente legat*? Vuoi dirci qual è e come mai?
Sara. Il Quartetto op. 59 n. 1 di Beethoven. È sempre stato il mio sogno suonarlo e da piccola lo ascoltavo ininterrottamente!
Salvatore. Ogni brano ha davvero delle peculiarità uniche, quindi è difficile da dire, studiando succede che ti affezioni a tutti. Sforzandomi tantissimo, mi verrebbe da dire però Langsamer Satz di Anton Webern. Uno dei brani d’amore più belli, profondi e semplici. In questo brano di sole due pagine si può trovare una gamma di colori e dinamiche immensa, dal nulla evanescente al grido straziante e violento.
Lorenzo. Anche qua, quasi impossibile sceglierne solo uno… ma vado con la Quarta Sinfonia di Brahms. Se la si ascolta, c’è poco da spiegare…
Hai altre passioni oltre a suonare il tuo strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?
Sara. Mi piace molto leggere, viaggiare, apprezzo la buona cucina, adoro fare lunghe camminate nella natura e amo moltissimo gli animali: ho due gatti simpaticissimi e molto coccoloni in appartamento e uno dolcissimo a casa dei miei genitori. Dipendesse da me, ne prenderei altri mille…
Salvatore. Cerco di costellare la mia vita di tantissime cose. Adoro leggere, soprattutto la letteratura inglese: William Shakespeare, William Blake, Oscar Wilde, Scott Fitzgerald… Potrei andare avanti… Tra le altre cose che adoro ci sono gli anime e i manga, il migliore di tutti è HunterxHunter. Confermo anche la presenza dei viaggi tra gli hobby, soprattutto quelli in macchina.
Lorenzo. Sì! Mi piace molto lo sport in generale, infatti non vedo l’ora di potermi iscrivere di nuovo in piscina, e anche la lettura. Mal influenzato dai tempi scolastici, dove eri obbligato a farlo altrimenti prendevi 4, ho odiato leggere per tantissimo tempo… in verità ne ho riscoperto la bellezza solamente negli ultimi anni.
Ascolti altri tipi di musica oltre a quella che suoni? Se sì, quali?
Sara. Sì, mi piace molto la musica dei vecchi cantautori italiani (Battisti, Battiato, Dalla, De André, Conte, Gaber. ecc.), la musica pop, rock, jazz… Direi che ascolto volentieri diversi generi ma spesso, ahimè, dopo una giornata di studio o di prove anche il silenzio è una musica affascinante!
Salvatore. Assolutamente sì, generalmente ascolto indie ma anche j-pop e k-pop, senza dimenticare del buon cantautorato italiano.
Lorenzo. Sì, ma non abbastanza… e mi sforzo di farlo di più negli ultimi tempi. Mi piace ascoltarne di diversi tipi: mi vengono in mente Mina e i grandi cantanti italiani, Gorillaz, Zucchero, Coldplay…
C’è un disco – di qualsiasi genere – che consiglieresti a tutti di ascoltare?
Sara. Le Sonate per violino di Mozart di H. Szeryng e I. Haebler.
Salvatore. Consiglio caldamente Beethoven: String Quartets, op. 132, 130 e 133 del Tetzlaff Quartet del 2020.
Lorenzo. Anche qui, ne vorrei menzionare troppi, vado su questo: Quintetto di Schubert eseguito dal Quartetto di Tokyo e David Watkin, inciso per Harmonia Mundi. Sentii questo concerto dal vivo nel 2012, al Saloncino del Teatro della Pergola, durante la loro tournée di addio, e questo è stato il loro ultimo concerto a Firenze. Non avevo mai sentito ancora questo pezzo, ed è un concerto che mi si è scolpito profondamente nella memoria. Il giorno dopo ero alla Fenice in Via Santa Reparata, a comprare questo disco.
Qual è il libro che leggerai quest’estate?
Sara. Ho letto La figlia della fortuna di I. Allende e Suite francese della Nemirowsky. Sto leggendo Ravel e l’anima delle cose di E. Restagno e altri…
Salvatore. Quest’estate penso leggerò una raccolta di short stories di Oscar Wilde, un romanzo di Genki Kawamura e un saggio di James Hillman: Il principe felice ed altri racconti, Se i gatti scomparissero dal mondo e Il codice dell’anima.
Lorenzo. Mi piace leggere più libri insieme. Al momento sto un po’ faticando a finire La vita involontaria di Brianna Carafa, e sono alle ultime pagine de Il gioco interiore nel tennis di Gallway. Il prossimo è sicuramente Il giovane Holden.