Qual è il primo ricordo della vostra vita legato alla musica che vi viene in mente?
Antonino: La Bohème di Puccini che ho ascoltato dal vivo a cinque anni al Teatro “Vittorio Emanuele” di Messina.
Misia: Ero piccolissima, ricordo un CD che i miei genitori mettevano sempre durante il giorno di Natale, contenente il Concerto Grosso n. 6 di Corelli, tutt’ora uno dei brani a cui sono più legata.
Vladimir: Cantando le canzoni pop serbe e provando per la prima volta il basso elettrico (senza amplificatore) intorno ai cinque anni.
Martina: I canti con cui mi svegliavano da bambina.
Cosa vi ha spinto a iniziare a suonare uno strumento musicale?
Antonino: Cercavo di imitare mia madre che, quando avevo cinque anni, prendeva lezioni di pianoforte.
Misia: Ho iniziato abbastanza casualmente, una mia compagna di classe decise di iniziare violino e io volevo fare come lei, poi per me è diventata una passione.
Vladimir: La vita stessa e la curiosità.
Martina: La musica era qualcosa che mi affascinava moltissimo. In famiglia papà suonava, sia musica popolare che “classica”, passione che ha trasmesso a mio fratello attraverso la chitarra classica, mia nonna aveva una bellissima voce e aveva studiato canto lirico. Nessuno di loro ha scelto di farne una professione, e forse anche grazie a questo è rimasta una passione molto autentica. Mi portavano a sentire molti concerti da piccola e ad un certo punto ho deciso che volevo produrla io questa musica, così ho scelto uno strumento.
Quando avete capito che eravate bravi in quello che stavate facendo e che questa attività avrebbe occupato una parte importante della vostra vita?
Antonino: A 16 anni. Da quando ho iniziato a perfezionarmi a Roma con Maria Teresa Carunchio e quindi, vivendo a Messina, viaggiavo quasi tutti i weekend per seguire le lezioni. In quel momento mi sono reso conto che un impegno simile poteva essere portato avanti solo se veramente coscienti della propria passione.
Misia: A 13 anni. Ricordo un momento preciso dove qualcosa per me è cambiato: volevo diventare violinista a tutti i costi, nonostante tutte le difficoltà. Ero a un corso estivo con la mia storica insegnante e mentre suonavo ho pensato “questa è la sensazione più bella del mondo”. Ero disposta a tutto, e così è stato.
Vladimir: Intorno 16/17 anni mi sono reso conto che potevo suonare vari strumenti a corda e che potevo suonare tutto quello che volevo, repertorio classico, blues, rock, jazz, ecc.
Martina: Che ero brava non l’ho mai capito, che questa attività avrebbe occupato la mia vita invece da sempre, fin da bambina.
Ci sono stati dei momenti in cui avreste voluto mollare tutto e cambiare direzione?
Antonino: No, mai.
Misia: Sì, la vita del musicista è tutt’altro che facile, soprattutto a livello psicologico. Momenti di sconforto possono esserci, l’importante è il modo in cui li superi.
Vladimir: Certo, erano sempre i frutti del mio rapporto con la musica e con lo strumento che, più avanti, ho iniziato a prendere come le possibilità di cambiare qualcosa.
Martina: Molti, e ce ne sono tutt’ora. Ma amo quello che faccio e non lo cambierei per nulla al mondo.
Qual è il momento più emozionante che ricordate della vostra carriera musicale?
Antonino: Il debutto in Sala Verdi per La Società dei Concerti di Milano
Misia: Almeno due: suonare il Concerto di Čajkovskij da solista e il concerto per il Festival di Spoleto con il Quartetto Werther.
Vladimir: I concerti con Balthasar Neumann ensemble & Choir, la recente improvvisazione con Giovanni Sollima e aver trovato le persone con quali posso fare la profonda ricerca dell’arte nell’ambito di musica da camera – Misia, Martina ed Antonino.
Martina: Ci sono emozioni forti come suonare da solista con un’orchestra. Otto anni fa suonai con la Sinfonica Abruzzese e, durante l’introduzione dell’orchestra, ero così emozionata che non ricordavo nemmeno con che nota avrei dovuto iniziare. Per fortuna le mani sono andate da sole. Poi ci sono emozioni più sottili e profonde: alcuni concerti con il Quartetto Werther mi hanno davvero lasciato un segno. Ci sono momenti in cui mentre suoniamo in concerto mi metto in ascolto e ascoltandoli mi vengono i brividi.
Ci raccontate come vi siete conosciuti? Cosa vi piace del modo di suonare degli altri componenti e come mai avete deciso di formare il vostro gruppo?
Antonino: Ho conosciuto gli altri ragazzi tramite Misia, che già conoscevo da anni. È stata lei a contattarmi per formare il gruppo, poiché il quartetto d’archi con cui suonava era diventato un trio e voleva creare una nuova formazione che coinvolgesse anche il pianoforte. Ciò che mi piace del loro modo di suonare è il fare musica sinceramente e, soprattutto, ultimamente la libertà nell’esprimersi musicalmente, sia nei momenti solistici che nel gruppo.
Misia: Noi tre archi ci siamo conosciuti durante gli anni del Conservatorio, a Roma, soprattutto suonando insieme nella classe di quartetto classico. Una volta terminata questa avventura non avevo assolutamente intenzione di smettere di suonare con loro e così ho chiamato Martina e Simone e ho proposto loro di creare una nuova formazione insieme. C’eravamo, mancava “soltanto” il pianista: Antonino era la nostra prima scelta e per fortuna è stato subito dei nostri! Da poco più di un anno Vladimir è entrato a far parte della nostra “famiglia”. È un musicista che ci sta dando veramente tanto, sia a livello musicale che umano. Del loro modo di suonare apprezzo tantissimo la stabilità e la profondità nell’affrontare ogni brano. E durante l’esecuzione in concerto emerge sempre qualcosa di nuovo. Imparo tantissimo da loro, sempre.
Vladimir: Durante il primo lockdown mi è arrivata la chiamata dal mio maestro di Salisburgo – Enrico Bronzi – che mi diceva che c’era un quartetto molto bravo a Roma che stava cercando un violoncellista. Avendo sempre cercato di trovare le persone con cui fare questo tipo di ricerca, ero felicissimo già solo per la possibilità, poi ho scoperto anche le grandi personalità e qualità che loro hanno.
Martina: Misia al Conservatorio, Antonino e Vladimir strada facendo con il quartetto. Ciò che mi piace di loro è la volontà di andare oltre la superficie della musica, cercare di scavare in profondità. È qualcosa di sempre più raro e che ricerco ogni giorno, possibile solo con un gruppo stabile e con persone così.
C’è un brano musicale a cui siete particolarmente legati? Volete dirci qual è e come mai?
Antonino: Un brano a cui tengo molto è il Quartetto op. 60 di Brahms. È stato il primo brano che ho suonato durante il mio percorso in Conservatorio e anche uno dei primissimi su cui abbiamo lavorato con il Werther. È il brano che ha ispirato il nostro nome ed è senza dubbio quello che abbiamo eseguito di più in assoluto.
Misia: Anche io come Antonino sono molto legata all’opera 60 di Brahms. Per me ha segnato chiaramente l’inizio di una nuova visione della musica, quella cameristica. Lo abbiamo eseguito spessissimo ma ogni volta ci stupiamo delle cose nuove che troviamo nella partitura. La sensazione di non riuscire mai davvero ad arrivare al suo livello di profondità in realtà ci fa fare ogni volta passi in avanti enormi.
Vladimir: Zoltan Kodàly, Sonata per violoncello solo op. 8 – semplicemente lo sento molto vicino, molto mio anche.
Martina: “Tutte le feste al tempio”, un’aria di Gilda dal Rigoletto. La cantava sempre mia nonna e quando la risento è come se fosse qui: la musica ha questo potere di riportarti in altre dimensioni.
Avete altre passioni oltre a suonare il vostro strumento (sport/lettura/viaggi/hobby vari/ecc.)?
Antonino: La cucina, sono un appassionato di storia (contemporanea) e mi piace curiosare nell’ambiente giuridico.
Misia: Lo yoga. Soprattutto durante la pandemia mi sono resa conto di quanto il corpo e la mente siano strettamente collegati, soprattutto per un musicista!
Vladimir: Osservare la natura, vedere i documentari sulla natura, gli animali e le piante, suonare altri generi di musica e anche altri strumenti come chitarra, contrabbasso, chitarra basso.
Martina: Mi piace molto scrivere.
Ascoltate altri tipi di musica oltre a quella che suonate? Se sì, quali?
Antonino: Naturalmente. Dirò soltanto che ho la discografica completa, più greatest hits e partiture dei Queen. Credo si possa facilmente intuire quale sia il mio gruppo preferito…
Misia: Argomento difficile… i ragazzi mi prendono sempre in giro perché non conosco vie di mezzo: o Bach/ Beethoven/ Mendelssohn o la musica più commerciale del momento!
Vladimir: Ho ascoltato e anche suonato tanto musiche di Pantera, Megadeth, Iron Maiden, Joe Satriani prima di avere 23 anni. Durante la vita ho scoperto il groove e la bellezza del funk e del jazz, specialmente attraverso il basso elettrico. Non mi piace suonare ed ascoltare solo un genere di musica, cerco sempre di espandere la conoscenza con qualcosa di nuovo. Victor Wooten è un artista e ricercatore che stimo molto!
Martina: Sì, quando ci sono grandi artisti il genere musicale non conta. Amo De André, David Bowie, Leonard Cohen, Edith Piaf, i Dire Straits, Mina, Sting. Sono tutti artisti che hanno avuto fortissime influenze dalla musica classica. Ad esempio, per me De André era uno che sapeva “copiare” come solo i geni possono: è riuscito a scrivere una canzone meravigliosa (La canzone dell’amore perduto) semplicemente rubando a Telemann il suo Adagio dal concerto per tromba in re maggiore.
C’è un disco – di qualsiasi genere – che consigliereste a tutti di ascoltare?
Antonino: Fauré Piano Quartets incisi dal Quartetto Werther… 🙂 Scherzi a parte, i concerti di Beethoven incisi da Zimerman e Bernstein con i Wiener Philharmoniker.
Misia: I Quartetti di Mozart dell’Hagen Quartett.
Vladimir: Tristan und Isolde diretto da Carlos Kleiber, i Concerti di Vivaldi per fagotto e orchestra con Sergio Azzolini, Miles Davis Fat Time.
Martina: Non al denaro, non all’amore né al cielo di De André. Ma è difficile scegliere, anche il disco di esordio di Lisa Batiashvili: la prima Sonata di Brahms, è di una sincerità meravigliosa.
Qual è il libro che leggerai questa estate?
Antonino: Terminerò la monumentale monografia su Robert Schumann di J. Daverio.
Misia: Adesso sto leggendo L’uomo che guardava passare i treni di Georges Simenon.
Vladimir: La filosofia della libertà di Rudolf Steiner.
Martina: Il Faust, mi affascina il rapporto di Goethe con Brahms e Mendelssohn. Alternandolo con la settimana enigmistica… ovviamente!