Il 18 febbraio 2018 presenterete un programma che include tre quartetti d’archi composti da Haydn, Beethoven e Bartók. Per quali ragioni avete scelto questi tre lavori, e cosa vi affascina di questi autori?
Cerchiamo sempre di comporre i nostri programmi in modo da mostrare il meglio del genere del quartetto d’archi in diversi periodi. Sebbene questi grandi compositori avessero molto in comune nell’uso del quartetto d’archi come strumento, ognuno di essi ha il proprio approccio, o linguaggio. La giustapposizione di questi tre maestri offre al pubblico un’esperienza più profonda del quartetto d’archi, sia come strumento, che come genere.
Il Jerusalem Quartet, fondato nel 1993, ha una storia molto lunga: potresti dirci in che modo il vostro rapporto è cambiato nel corso degli anni? Secondo voi, quali sono le differenze tra suonare in un quartetto come il vostro, suonare in altri ensemble o come solisti?
Un quartetto d’archi è una cosa davvero unica. Quattro individui che si uniscono e formano una creatura con quattro teste. La dinamica cambia costantemente nella musica poiché ogni membro deve muoversi tra la voce principale, la voce secondaria e l’accompagnamento. Lo stesso vale per il nostro rapporto al di fuori del palcoscenico. A parte il cambio di un elemento nel 2010 (l’aggiunta di Ori Kam come nostro violista), abbiamo iniziato a lavorare quando eravamo adolescenti. Ciò significa che, a questo punto, la maggior parte della nostra vita professionale l’abbiamo passata insieme. In ogni caso, al fine di mantenere una relazione musicale sana e produttiva, ognuno di noi suona fuori dal quartetto, ad esempio da solista, o in altri gruppi da camera, e insegna.
Vi siete esibiti in tutto il mondo: qual è il concerto che ricordate con maggiore emozione?
È difficile scegliere un concerto in particolare. Per ognuno di noi è diverso. A volte usciamo dal palco e uno di noi dice che è stato un grande concerto, mentre un altro è insoddisfatto. Ma siamo tutti d’accordo sul fatto che amiamo tornare nei posti che visitiamo regolarmente, dove riconosciamo nel pubblico qualcuno che ci ha già sentito in precedenza e dove abbiamo famiglia o amici. Questo rende il tour molto meno difficile.
Avete progetti futuri di cui volete raccontarci?
Verso il 250° compleanno di Beethoven nel 2020, presenteremo il ciclo completo dei quartetti di Beethoven. Non l’abbiamo mai fatto prima, il che è molto emozionante. Durante questa stagione, presenteremo anche un programma unico di canzoni Yiddish Cabaret, arrangiate per soprano e quartetto da Leonid Desyatnikov, insieme a meravigliosi quartetti di Schulhoff e Korngold. Inoltre continueremo a suonare i nostri soliti programmi e alcuni progetti speciali incentrati su compositori specifici, come Bartók o Brahms.
Per informazioni sul concerto del Jerusalem Quartet nella stagione degli Amici della Musica di Firenze, cliccare qui.