Ci parla del programma che eseguirà?
È un programma di musica francese, con quattro figure estremamente importanti per la storia del pianoforte francese. Couperin, Debussy, Satie e Ravel sono compositori che sono stati fondamentali per me fin dall’infanzia. Ciò che amo di Couperin è che sia, in un certo senso, il bisnonno di Ravel. Entrambi hanno questa passione per il dettaglio e anche per il modo in cui, con poche note, con un materiale musicale molto povero, possono creare un universo gigantesco.
Sono due compositori intimi, che parlano di ciò che accade dentro, nel corpo e nello spirito, che sussurrano alla tastiera la loro infelicità, il loro malessere, quello che hanno avuto difficoltà a dire nella vita. Suonarli è un’occasione per essere il loro interprete, un po’ come se anch’io sussurrassi dolcemente all’orecchio di chi ascolta. Debussy, al contrario, è il compositore del rapporto con le nuvole, con il cosmo, con le stelle, con i sogni. È il compositore del lasciarsi andare – mentre Ravel non si lascia mai andare – e trovo molto interessante mettere Debussy e Ravel nello stesso programma perché queste due personalità totalmente diverse fanno parte della stessa famiglia, sono complementari. Quando si conoscono Debussy e Ravel, si conosce lo spirito francese.
Poi ho scelto Satie perché è il compositore che più mi commuove. È una persona che vorrei consolare, talmente infelice che vorrei parlare con lui. Era un uomo povero e lo si sente nella sua musica. Era una persona molto umile, che usava poche note aprendo però un mondo gigantesco. Ha tenuto nascoste molte cose della sua vita e le ha affidate al pianoforte. In questo programma ci sono opere cupe, come le Gnossiennes, ma anche proposte cabarettistiche come Je te veux, che è un valzer, originariamente una canzone che lui ha trasformato in una versione per pianoforte solo.
Se avesse una macchina del tempo, quali compositori del passato vorrebbe incontrare dal vivo?
Forse Chopin, che ha avuto una vita difficile e si è messo nei guai con molte persone. Mi sarebbe piaciuto anche incontrare Rachmaninov, e sicuramente Ravel. In effetti, Ravel lo incontro spesso nei miei sogni. Sogno che siamo in un ristorante, lui è nella stanza accanto. Mi dicono che è lì, quindi mi alzo. Lui mi saluta, io gli dico grazie per tutto quello che ha fatto, ma lui se ne va molto velocemente, quindi sono incontri furtivi. Ma forse la persona che più vorrei incontrare è Schubert, perché è stato infelice per tutta la vita, soprattutto in amore. Aveva bisogno di tanta consolazione e lo si sente anche nella sua musica, ma la cosa incredibile è che lui sembra dirci: “Voi nella vostra poltrona a teatro che mi ascoltate, non preoccupatevi, va tutto bene, andrà tutto bene. Non siete necessariamente felici. C’è il rumore del mondo. Ci sono le guerre, le malattie, tutti se ne vanno, ma non preoccupatevi, io sono qui, posso consolarvi”.